Alternanza solo come scelta didattica 

Le risorse alle scuole, non alle imprese

L’articolo a firma di Pino Turi su Italia Oggi

L’alternanza è un tema su cui aprire un dibattito risulta  abbastanza urgente.

Abbiamo segnalato i limiti di un processo che è stato introdotto su un’onda emotiva, nata dall’esigenza sociale di trovare un lavoro per i giovani. E’ vero che i giovani sono per lo più nella scuola ma la scuola non ha il compito di trovare un lavoro. Ha quello di formare cittadini, anche lavoratori. Soprattutto cittadini consapevoli.

Che ci fossero approssimazione e buchi neri si è capito da subito, quando la scuola, per inseguire l’obbligo, ha vissuto l’alternanza come un procedimento burocratico.
Un modo di procedere che ha trascurato un punto fondamentale: l’assunzione di responsabilità in un progetto di alternanza con finalità didattiche ed educative.
Un bilancio che non brilla per risultati e trasparenza, senza voler nascondere situazioni patologiche di un uso distorto e illegittimo.

C’è bisogno di affrontare la questione in un quadro sistemico che, a nostro parere, non può che essere imperniato sul modello di scuola comunità, in una logica che la Uil ha chiamato ‘alternanza-etica’.
Si pone, quindi, molto realisticamente, la necessità di una verifica, un tagliando, all’alternanza al fine di rimediare ai diversi coni d’ombra che si sono manifestati, mantenendo gli aspetti che, al contrario, hanno funzionato, anche perché il prossimo esame di maturità vede l’alternanza come elemento di valutazione.

A nostro parere, l’alternanza deve essere una scelta didattica, deve  ricadere nella  responsabilità e nell’autonomia della scuola che deve essere l’unica protagonista che interagisce con le singole comunità di riferimento, anche produttive.  E’ alla scuola che vanno assegnate le risorse e non alle imprese, che dovrebbero contribuire come soggetti attivi di quella comunità.
Va introdotta una grande flessibilità, ed adattamento, da graduare in relazione alle diverse realtà territoriali.

Ci troviamo di fronte a numeri importanti che non possono essere sottovalutati. Per questo, anche il compito di rendicontazione delle attività, così come le risorse necessarie, va ricondotto alla comunità scolastica. In questo modo, responsabilità e partecipazione attiva, consentono di evitare le deviazioni che provengono dalla società e dal mercato.

Siamo ad un punto in cui l’onda emotiva si è trasformata in fazione ideologica, e il punto di equilibrio non è più il progetto educativo, ma l’aver ragione nel perseguire modelli che hanno nel  mercato, l’unico riferimento finalizzato all’utile di azienda. Rispetto a questo la scuola non può essere avulsa dal mondo reale, non può esserne ancella, ma protagonista: si rischia una sudditanza ideologica/culturale che penalizza la nostra scuola laica, libera ed indipendente, dove si insegna il pensiero critico, dove le conoscenze servono a formare competenze e non viceversa.
E questo ci riporta al punto iniziale: la scuola educa e pone le condizioni per un pieno inserimento dei cittadini nella società. Il lavoro è una diretta conseguenza di questo processo, non un mezzo a buon mercato.


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