Dalle assemblee nazionali le proposte su precariato e sistema scuola

Quindici giorni che potevano cambiare il volto della scuola: le manovre senza soldi ma di sistema che il Miur ha tentato di realizzare e il nostro impegno sindacale per una scuola che resti nazionale, di tutti, con insegnanti valorizzati e non più precari.

 

Dall’Assemblea di Bari e poi Roma fino a quella di oggi, a Milano, sono passati giorni intensi durante i quali il Miur ha deciso di mettere nero su bianco una serie di misure che – se realizzate – rischiano di stravolgere il nostro sistema di istruzione, con ritocchi piccoli, ma di forte impatto.

Andiamo con ordine  – ha detto questa mattina il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, nel corso della terza assemblea nazionale organizzata dai sindacati confederali della scuola, a Milano – e  tracciamo il quadro: dagli organi collegiali all’autonomia, dalla sicurezza ai fondi per le scuole, dal superamento del precariato al rinnovo contrattuale.

Alla società liquida opponiamo valori solidi, quelli che videro nei decreti delegati il primo atto di attuazione della costituzione in materia di libertà ed indipendenza del sistema scolastico – sottolinea Turi.

Furono attuati sulla pressione dei giovani del ‘68 che con la saldatura del mondo del lavoro, diedero vita e sostanza alla partecipazione e alla democrazia. Si tratta di riportare in evidenza quella voglia che è patrimonio genetico del sindacato confederale.

>> Venerdì 23 novembre: il ruolo delle famiglie e gli organi collegiali
Invece di modernizzare gli organi collegiali si tenta di accrescere il peso delle famiglie

Il giorno prima il Miur invia a tutte le scuole una circolare nella quale si dispone che:  «Tutte le attività didattiche inserite nel Piano triennale dell’offerta formativa, anche aggiunte in corso d’anno, devono essere portate tempestivamente a conoscenza delle famiglie … ciò vale, in particolare, per quelle attività che prevedano l’acquisizione di obiettivi di apprendimento ulteriori rispetto a quelli di cui alle indicazioni nazionali di riferimento… Al fine del consenso è  necessario che l’informazione alle famiglie sia esausta e tempestiva».
I sindacati scuola chiedono immediatamente un incontro urgente al ministro: i contenuti rischiano di essere lesivi dell’autonomia professionale dei docenti e dell’autonomia scolastica, entrambe costituzionalmente garantite.   Quando i genitori scelgono una scuola  – si legge nel comunicato dei segretari generali dei sindacati scuola – è perché conoscono l’offerta formativa che questa mette a disposizione e compiono un atto di affidamento nei confronti delle comunità professionali che sono impegnate nell’educazione dei figli. La formulazione della circolare, con un generico e non circostanziato riferimento al curricolo obbligatorio,  rischia di generare confusione ed indurre equivoci e di scaricare sulla dirigenza scolastica procedure in contrasto con il quadro normativo esistente. L’ampliamento del curricolo obbligatorio è ampiamente definito dalla normativa in tema di flessibilità e di autonomia didattica ed organizzativa e deve dunque essere inteso in tal senso.
Ai fini della predisposizione del Ptof la scuola deve certamente promuovere i necessari rapporti con le famiglie ma la scuola è un insieme di professionalità e costruisce un progetto formativo che le famiglie scelgono in fase di iscrizione. Il rapporto con la collettività scolastica non può essere inteso come adesione ad un servizio a domanda individualizzata, l’esatto opposto della funzione che la Costituzione affida all’istruzione.

>> Giovedì 22 novembre: edilizia scolastica e sicurezza delle scuole
Mentre si celebra la giornata della sicurezza si dice alle scuole pagate voi gli interventi per l’edilizia

Il Miur ricorda la Giornata Nazionale per la Sicurezza nelle Scuole – celebrazione più che legittima, doverosa, sottolinea Turi – mettendo l’accento su un provvedimento preso solo qualche giorno prima,  in fase di elaborazione del regolamento contabile delle scuole.
Il documento contabile  degli istituti scolastici  – all’art. 39, Manutenzione degli edifici scolastici – obbliga i dirigenti scolastici  «ad effettuare, con eventuali fondi propri interventi di manutenzione straordinaria degli edifici scolastici e delle loro pertinenze».
Un modo di procedere che apre a spazi di discrezionalità e di responsabilità improprie e che, soprattutto mette al riparo dai rischi, non la comunità scolastica che meriterebbe interventi programmati, strutturati, ma gli Enti amministrativi di riferimento che per legge hanno l’onere di programmare e finanziare gli interventi di manutenzione.
Una situazione inaccettabile che mette in crisi l’intera gestione dell’istituzione scolastica con un danno doppio:
1. perché le istituzioni scolastiche devono individuare gli interventi da effettuare per garantire lo svolgimento delle attività didattiche;
2. perché lo dovranno fare anticipando i lavori con i soldi (che non hanno) del funzionamento delle loro scuole (fondi con i quali si paga, solitamente quanto serve per la manutenzione ordinaria delle scuole, lampadina, rubinetto, ma anche con cui si fa funzionare la scuola, ad esempio le bollette per la connessione internet o la cancelleria, i laboratori).

>> Mercoledì 21 novembre: l’autonomia scolastica e le scelte della politica
L’autonomia delle istituzioni scolastiche è un valore di rango costituzionale. Ingerenze che aumentano e sviliscono la funzione del nostro sistema scolastico.

Accade a  Pisa e ad Arezzo, ma la questione e’ di merito, non di luogo. Si possono obbligare le scuole a seguire le indicazioni di una linea dettata politicamente? O meglio si può dire alle scuola fai questo o fai quello? Il presepe che il Consiglio comunale di Pisa vorrebbe in tutte le scuole e’ un esempio. Non di ingerenza parlerebbero al Comune ma di ‘modalita’ di gestire l’educazione dei bambini nel nostro territorio’. A completare il quadro c’e’ anche l’appello alle strutture religiose, che trasforma la decisione da materia scolastica di pertinenza scolastica ad elemento di fede”.
La laicità è il principio cardine della scuola statale del nostro Paese – mette in evidenza Turi – le nostre istituzioni scolastiche trovano, nella costituzione, la legittimazione piena della loro funzione, la garanzia della loro autonomia e indipendenza. Così mentre la politica tende a dividere, la scuola unisce e fa integrazione. Questa è la riprova che  la ventilata autonomia differenziata non è applicabile alla scuola – afferma Turi – per un motivo ben preciso: la scuola è comunità, è una struttura democratica e di partecipazione. Il suo ruolo è di dialogo, paritario, con le altre agenzie ed autonomie. Il punto è proprio questo: la scuola non ha funzione di ancella della politica. Semmai, al contrario, ne crea i presupposti creando identità pensanti e libere,  fuori da modelli e modi di pensare omologati sul modello, al momento, dominante.

>> Martedì 20 novembre: la manovra economica e il precariato
Commissioni Cultura e Bilancio al lavoro sugli emendamenti ma manca quello sul precariato. Il ministro Bussetti al lavoro sul nuovo reclutamento, ma è un progetto a metà: manca la fase di transizione.

Mentre le commissioni Cultura e Bilancio sono al lavoro per definire gli emendamenti alla legge di Bilancio (attualmente tre: collaboratore del dirigente, tempo pieno nella scuola primaria e internalizzazione dei servizi di pulizia delle scuole) manca ancora l’emendamento per rendere operativo il nuovo reclutamento  del Ministro Bussetti. Una fase di transizione tra vecchio e nuovo sistema. Il presupposto da cui partire per ogni ragionamento intorno al reclutamento nella scuola – sottolinea Turi –  è il superamento del precariato.  Il primo passo, strategico, è l’eliminazione dell’organico di fatto. Nell’immediato occorre modulare una  fase transitoria  – raccomanda Pino Turi,  guardando al fatto che lo scorso anno ci sono stati 37 mila posti non coperti a causa della mancanza di candidati.
La proposta Uil: http://uilscuola.it/wordpress/eliminare-precariato-presupposto-far-partire-reclutamento/

>> Domenica 18 novembre: le cifre virtuali del contratto che non c’è
Interventi di stampa disegnano scenari parziali sul rinnovo contrattuale il cui negoziato non è nemmeno iniziato.

“Le cifre stanziate nella legge di Bilancio sono sufficienti per aprire il negoziato, non per chiuderlo. I contratti non si possono chiudere, se non si aprono. Non e’ un decreto”. Lo afferma Pino Turi segretario generale della Uil scuola, spiegandoli che per “rinnovarli serve una forte volontà politica e risorse sufficienti che si definiscono nella legge di Bilancio”. “Nel Documento di Programmazione Economica non erano state previste le risorse per i rinnovi contrattuali del settore pubblico, c’e’ stato bisogno della nota di aggiornamento al Def per individuarle e sono state definite anche a seguito del documento di Cgil, Cisl e Uil, con cui si rivendica il rinnovo dei contatti, in coerenza con la dichiarata volontà politica di questo Governo di superare le politiche di austerità di questi anni. Proprio per questo, il tema del rinnovo contrattuale e’ al centro del documento che e’ oggetto degli attivi unitari, tuttora in corso, per informare e mobilitare i lavoratori”. “Le cifre stanziate nella legge di bilancio – aggiunge Turi – sono sufficienti solo per aprire il negoziato, ma non per chiuderlo. Le cifre in discussione, servono per garantire la copertura dell’elemento perequativo, definito con il precedente contratto e della copertura dell’indennità di vacanza contrattuale. Che sia poco e’ chiaro a tutti, anche al ministro che pensa che nell’iter di discussione della legge di Bilancio ci siano ancora margini di incremento”.
Aprire il negoziato significa provocare un dibattito pubblico sulla scuola e sul modello da perseguire, a partire dal manifesto della scuola elaborato e voluto unitariamente dai sindacati scuola confederali che ha portato a (ri)definire la comunità educante che non può essere smantellata ma perseguita anche nel contratto della dirigenza scolastica.

>>Giovedì 15 novembre: prove tecniche di regionalizzazione
Il Veneto lancia una OPA sul sistema scolastico che prevedere la divisione per appartenenza geografica del sistema scolastico che per sua natura (costituzionale) deve essere unitario e garantire il diritto universale alla formazione e all’istruzione.

“Il tentativo di regionalizzazione in atto – ha spiegato Turi – vorrebbe trasformare gli insegnanti in impiegati alle dipendenze delle Regioni. Noi non abbiamo la sindrome impiegatizia. Il contratto che abbiamo firmato parla di comunità educante. Rimanderemo al mittente l’Opa lanciata sulla scuola che resta legata ai valori della nostra Costituzione”.
Abbiamo una grande responsabilità: tutelare e sostenere la scuola di tutti, laica, inclusiva, statale, nazionale. Non possiamo trasformare la scuola in un grande ufficio burocratico.
Non siamo disposti a barattare la libertà di insegnamento per un pezzo di pane – così il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, in apertura di Assemblea nazionale, stamattina a Roma al Teatro Quirino.

>>Giovedì 8  novembre: la scuola può tornare ad essere ascensore sociale del Paese
«Negli anni ’80 il sindacato, con l’accordo sulle 150 ore, portava gli operai a scuola. Ora le ideologie neo liberiste stanno abbagliando una classe dirigente incerta, stordita da una società in crisi, che si illude di superarla, portando gli studenti in fabbrica»

Così il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, nel corso della manifestazione a Bari. I temi forti del suo intervento sono quelli dell’investimento in istruzione, che non c’è, del valore da dare al lavoro che si fa a scuola, che resta a margine delle politiche del governo, e della precarietà, ancora troppo diffusa nel sistema scolastico. «C’è una norma che non è stata messa nella legge di Bilancio, dove pure di precariato si parla, per farci su qualche risparmio, ed è la eliminazione del doppio organico , l’eliminazione dell’organico di fatto, per non creare altri precari». «Privato è bello, pubblico è brutto: è il ritornello di questi anni.  Falso paradigma che lambisce anche le funzioni dello Stato come l’istruzione, su cui sembra lanciata un’OPA da parte delle regioni del Nord che vorrebbero risorse e competenze, salvo poi, accorgersi – in momenti difficili e cruciali come quelli di questi giorni, ricorda Turi – che tutti hanno bisogno della solidarietà dello Stato. Non si possono svendere beni essenziali, né rivendicarne la titolarità solo quando proficua».

>Lunedì 26 novembre: aprire il dialogo, superare la logica governativa del voler-fare-da-soli

Si torna così –  dopo un percorso che ha attraversato l’Italia, con le assemblee di Bari, Roma, Milano, realizzate d’intesa con le Confederazioni, con gli appuntamenti di approfondimento e formazione realizzati in molte città italiane –  alla cronaca di oggi, con il richiamo forte al superamento della disintermediazione, del voler-fare-da-soli – ha detto Turi .
Per la scuola non servono speranze, servono decisioni, scelte concrete: la sua funzione è quella di istruire, educare gli studenti, mettere le basi affinché diventino cittadini attenti e consapevoli.  E’ questa scuola del sapere, laica, inclusiva, statale, nazionale che intendiamo sostenere e tutelare.
Da domani ci aspettiamo confronti e decisioni  – mette in evidenza il segretario generale Turi – che ci indurranno una nuova fase della mobilitazione: dall’ ascolto e al confronto con i Quadri e le Rsu, alla rivendicazione di ruolo e diritti del lavoro delle rappresentanze sindacali confederali per interpretare un ruolo di soggetto politico che pone domande e pretende risposte a partire dal l’eliminazione del precariato.

 


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