Giorno della memoria 2019: incontro con la scuola per non dimenticare. L’iniziativa al Teatro Verdi di Gorizia.

Incontro con la scuola per non dimenticare
Edizione nel ricordo di Francesca Severa, anima dell’evento, mancata pochi giorni fa.
Grande partecipazione di studenti, insegnanti e cittadini.
Ugo Previti: “dimostrazione di come la scuola sia una comunità educante che unisce l’Italia”

    

E’ stata altissima anche quest’anno l’adesione di studenti, insegnanti e cittadini alla Giornata della Memoria organizzata lunedì 28 gennaio a Gorizia dalla UIL Scuola con l’Irase, l’Associazione Amici di Israele, in collaborazione anche con il Comune. Il Teatro Giuseppe Verdi, sede dell’evento, ha registrato il pienone con oltre 700 partecipanti, di cui 649 studenti. Novità di quest’anno la partecipazione di istituti scolastici di fuori provincia e regione.

La 14edizione edizione dell’iniziativa  formativa rivolta alle giovani generazioni “Incontro con la scuola. Per non dimenticare” si è aperta ieri nel ricordo di Francesca Severa, dell’Irase nazionale, anima dell’evento, venuta a mancare sabato. E’ a lei che il segretario regionale della UIL Scuola del Friuli Venezia Giulia ha voluto rivolgere un pensiero in apertura del convegno.
Nell’atrio del teatro, per accogliere gli ospiti, era stata allestita anche un’esposizione dei disegni sul tema della Shoah realizzati dai ragazzi della scuola secondaria di primo grado dell’istituto comprensivo Trinco di Gorizia.

I lavori sono entrati nel vivo con gli interventi dei ragazzi delle scuole che hanno portato sul palco i lavori di studio e approfondimento svolti nei mesi scorsi sul tema delle Leggi razziali perché “è solo ricordando il passato che si può difendere il futuro”, sottolinea Previti richiamando il tema della giornata formativa. A introdurli sul palco uno studente come loro, un ragazzo dell’Iti Galilei di Gorizia, istituto scolastico che ha ideato anche la locandina dell’evento.

Oltre ai ragazzi dell’Isis Gabriele D’Annunzio di Gorizia, hanno partecipato al percorso formativo per la prima volta anche gli studenti del plesso Elia Maestri dell’Istituto comprensivo Taglio del Po di Rovigo e i ragazzi del Liceo Petrarca di Trieste. Sul palco ha portato il suo contributo al momento di riflessione anche lo storico Fulvio Salimbeni. Particolarmente toccante anche il momento musicale curato dal coro del polo Liceale di Gorizia.

“E’ stato toccante vedere la grandissima partecipazione dei ragazzi. In questi giorni sono stati i veri protagonisti delle celebrazioni in memoria della Shoah – afferma Previti -. La scuola ha dato prova ancora una volta di essere una comunità educante a carattere nazionale, capace di unire l’Italia. E’ stato commovente anche venire avvicinato a fine manifestazione da studenti e insegnanti che mi hanno esortato a portare avanti questa iniziativa anche in futuro nel nome di Francesca Severa”.

 

 

 

 

La traccia dell’intervento di Pietro di Fiore. 

Buongiorno a tutte e a tutti,
come già è stato detto, intervengo in vece del Segretario generale, Pino Turi, assente per un lutto gravissimo che ha colpito la UIL Scuola tutta e l’IRASE.
Nel corso della manifestazione, con una certa emozione ho più volte sentito parlare di Scuola “Comunità educante”. Ebbene, oggi è un giorno importante: molte, diverse scuole – comunità si ritrovano assieme, a formare una Comunità educante più grande. Assieme ai ragazzi, ai docenti, al personale di Scuola oggi sono presenti Autorità locali e Rappresentanti del Governo.

Tutti noi abbiamo ascoltato sintesi importanti di numerosi progetti e lavori eseguiti dalle Scuole di questa provincia, ma anche di territori limitrofi. Permettetemi di dire: ma quanto è bella la Scuola Italiana. La Scuola dello Stato, la Scuola di tutti e per tutti.

Prima di intervenire mi sono chiesto, quali parole usare in una ricorrenza del genere. Quali toni ricercare per costruire un intervento di senso. Eppoi, ché anch’io sono un insegnante, ho pensato: provo a portare il mio piccolo contributo, ricordando la storia, incontrata in Università a Bolzano, di una persona: Franz Thaler.

Franz è un giovane di Sarentino, piccolo comune vicino a Bolzano: è un sudtirolese, non parla italiano. Vive in un territorio dove cime uniche – montagne bellissime ci portano … a “due passi dal cielo”. In luoghi di grande bellezza si ritiene impossibile possa arrivare la discriminazione. La violenza e l’aggressività qui sembrerebbero non poter trovare … posto dove stare. Ed invece non è così. È il 1938 quando Mussolini ed Hitler stringono un accordo, ché mal sopportano le minoranze, men che meno la diversità. I tirolesi scelgano: da tedeschi possono optare per la Germania, trasferendosi in quello Stato e abbandonando tutti i loro beni immobili; in alternativa da italiani, possono restare nelle loro proprietà, dimenticando la propria storia, la propria lingua, la propria identità (ancorché in divenire). Tra il 38 ed il 39 le spinte propagandiste, in favore della scelta per la Germania nazista, sono fortissime. Chi resta subisce l’onta di essere tacciato di tradimento. La famiglia Thaler sceglie di restare: e non è di certo ben vista. Si viene derisi, presi in giro da chi ha optato per la Germania e attende (peraltro quasi invano) di partire. Arriva quindi il ’43: l’armistizio. La reazione tedesca nei territori del Trentino Alto Adige Südtirol è feroce.
Viene costituita la zona operativa “AlpenVorLand”, sotto il diretto dominio delle forze naziste. I cittadini tirolesi sono obbligati a partire per la guerra, arruolati nelle truppe tedesche. Il giovane Franz non ci sta.  Fugge, si nasconde sui monti. Dopo pochi mesi, a seguito delle disposizioni del Gauleiter (capo della zona operativa) Franz Hofer, è costretto a consegnarsi, per evitare ritorsioni contro i genitori. Nell’atto del consegnarsi scopre di esser stato vittima di delazione da parte di compaesani militanti nelle associazioni hitleriane.
Da quel momento inizia il calvario: attraverso molte prigioni finisce a Dachau. Voglio sorvolare, ne abbiamo copiose testimonianze, sui patimenti subiti e sulle atrocità alle quali Franz ha assistito, vengo al momento della liberazione. Tutto noi, si pensi alle scene di numerosi film, siamo portati ad immaginare l’apertura dei cancelli come il momento nel quale viene restituita finalmente la libertà e riprende il cammino da persone libere. Non è così.
Dal campo di concentramento i prigionieri passano ad un altro campo. Le persone vengono sorvegliate (di fatto recluse) in nuovi campi, ché debbono essere quasi riabilitate alla vita. Debbono essere curate e nuovamente nutrite. Franz riesce a rimettersi in piedi grazie ad alcuni ragazzi che lo conoscono, vengono da paesini vicino al suo.  Lo fanno alzare dalla branda, lo sorreggono fino al banco dove distribuiscono minestra e un po’ di pane. Dove vengono somministrate medicine.
Uscito dal nuovo campo “sanitario”, Franz viene caricato su un treno. Il viaggio è lungo; i vagoni assomigliano a quelli che lo hanno portato lontano via. Dalla Francia a Milano, da Milano a casa. E durante il viaggio, nelle stazioni, il giovane patisce nuove aggressioni: viene scambiato per tedesco nazista, proprio lui che si è ridotto in fin di vita proprio per non esserlo. Deve essere protetto dalle forze di polizia italiane.
A casa riprende i propri lavori e impara il mestiere del ricamatore di piume di pavone.
E nelle strade di casa, spesso capita a Franz di incontrare compaesani che si erano battuti per il nazismo: spesso anche quelle persone che, probabilmente, avevano contribuito al suo arresto.  
Questa storia, da me raccontata per sommi capi, è riportata in un bellissimo libro. Il titolo è di rara intensità: “Dimenticare mai”.
Con le parole moderate pensate per un diario scritto per i propri cari, più che per un libro di storia, Franz ricorda come il perdono sia atto individuale, sia scelta personale (dettata da formazione conseguita – da convinzioni religiose, …). La memoria è fatto sociale. La storia di Franz, anche a dimostrazione che l’identità assomiglia ad un viaggio piuttosto che ad una stazione, ci viene a ricordare come dolore e atrocità siano spesso compiute in forza di discriminazione, di mal sopportazione della differenza, di repulsione verso la diversità. Dimenticare mai: è l’esortazione di Franz.

La memoria è impegno collettivo, è rispetto verso le persone che ci hanno preceduto ed è dovere verso le generazioni che ci seguiranno.
Ebbene oggi qui, a Gorizia, i tanti progetti e lavori che ci sono stati presentati sono ennesima testimonianza di come la Scuola continui ad essere il vaccino sicuro contro il virus, tanto minaccioso ché pericolosissimo, dell’oblio. Una patologia che colpisce la nostra memoria, relega nel dimenticatoio fatti di assoluta gravità. E nel farlo non porta rispetto ai tanti nostri Padri che con coraggio e determinazione si sono battuti contro la violenza discriminatoria: contro lo sterminio.
E l’unica Scuola che riesce in questo compito è la Scuola dello Stato: di tutti e per tutti.
La Scuola che non fa differenze di razza, di sesso, di religione. Il luogo dove il colore degli occhi ha medesimo valore del colore della pelle.
La Scuola che è confronto, discussione, dibattito, co-costruzione della conoscenza. La Scuola che è funzione dello Stato perché ha il compito della formazione dei cittadini di domani. A loro, a Voi ragazzi spetterà di continuare il lavoro di oggi: costruire una comunità, all’interno della quale eguaglianza, pari opportunità, giustizia, cooperazione saranno le parole che la popolano.
Al “Dimenticare mai” ci dovremmo aggiungere un “mai più”. È nostro compito ostacolare, fermar ogni parola, ogni gesto, ogni comportamento che porti ancora oggi a discriminazione.
E molte volte si dicono sciocchezze per ignoranza. O peggio ancora per calcolo, per interesse.
Ecco che la Scuola diventa l’unico vaccino contro una seconda perfida malattia (è stata citata oggi da uno dei lavori dei ragazzi): l’indifferenza.
Guai a rimanere indifferenti davanti a comportamenti oltraggiosi verso gli altri, magari verso persone più deboli.
Abbiate il coraggio, ragazzi, di intervenire e di isolare, di fermare i comportamenti sbagliati, tenendo conto di distinguere sempre la persona dai propri comportamenti: isolate i comportamenti sbagliati, non le persone. È così che la Scuola diventa vaccino sicuro, la buona medicina contro l’indifferenza.
Prima di chiudere un saluto.
Dimenticare mai. A Francesca Severa, al suo impegno, alla sua forza, alla sua disponibilità, alla sua modestia il saluto della UIL Scuola: della Segreteria nazionale, di tutti i nostri iscritti e mio personale.
Grazie Francesca.

 


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