Maestra scagionata da atti di violenza, era stata filmata dalle telecamere. I pericoli della decontestualizzazione delle immagini

(…)  La sentenza appena commentata assume un’importanza storica nell’affrontare i limiti dei metodi d’indagine utilizzati dall’Autorità Giudiziaria in ambito scolastico (vedi introduzione). Forse qualcosa sta cominciando a muoversi se gli stessi giudici riconoscono le peculiarità del mondo scolastico a loro essenzialmente sconosciuto. Questa nuova sensibilità giuridica non costituisce un’eccezione, ma un corretto orientamento già intrapreso dai giudici del Tribunale del Riesame di Quartu (2017) che hanno recentemente accolto il ricorso di una maestra indagata per maltrattamenti perché:

  • i singoli episodi non possono essere “smembrati” per ricavare dall’esame di ciascuno di essi la sufficiente gravità indiziaria;
  • gli episodi acquistano una diversa valenza se avulsi dal contesto di un’intera giornata di lezione della durata di 5 ore in un contesto quotidiano e mensile
  • le condotte della maestra, lungi dall’integrare il ricorso a sistematiche pratiche di maltrattamento, possono invece ricondursi allo svolgimento dell’attività di docenza
  • l’esame integrale dei filmati induce altresì ad escludere il fumus del reato di abbandono di minori contestato alla maestra
  • Laddove il tono di voce della maestra risulta innegabilmente alterato, va considerata l’episodicità (pochissimi i file audiovideo incriminati rispetto ai quasi 1.000 prodotti)
  • l’esame del materiale non consente di ritenere che la condotta della maestra integri la soglia del penalmente rilevante, connotandosi al più come espressione di discutibili metodi didattici che esauriscono la loro censurabilità in ambito disciplinare.

In fondo non facciamo che richiamare il principio di diritto della Suprema Corte che recita: “In tema di maltrattamenti il giudice non è chiamato a valutare i singoli episodi in modo parcellizzato ed avulso dal contesto, ma deve valutare se le condotte nel loro insieme realizzino un metodo educativo fondato sulla intimidazione e la violenza… attuata consapevolmente anche per finalità educative astrattamente accettabili” (Cass. Sez. 6 n. 8314 del 25.06.96).

Un’ultima cosa: telecamere, indagini, agenti, giudici e via discorrendo hanno avuto per l’erario (noi tutti) un costo che non conosciamo nel dettaglio. Al contrario la maestra, da me interpellata pochi giorni fa, a sentenza appena emessa, ha ammesso (finora) spese superiori ai 30.000 euro tra avvocati, processi e terapie mediche di supporto. Forse sarebbe utile porci il problema di chi dovrebbe sostenere tutte queste spese e se è stato fatto un buon uso del denaro pubblico. Ma più ancora dobbiamo renderci conto dei quasi quattro anni di sofferenza inflitti a chi, con determinazione e in tarda età, educa le nuove generazioni nonostante l’ingratitudine di noi tutti. Grazie maestra!

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