Italia esempio positivo di ruolo e azione sindacale nelle politiche per il lavoro e nei processi di qualificazione.Tutto parte dalla capacità di coinvolgimento.

BRUXELLES | UNIVERSITÀ EUROPEE, AMSTERDAM CAPOFILA, TERAMO PER L’ITALIA, PRESENTANO DOSSIER SU CONTRATTAZIONE NEL PUBBLICO IMPIEGO (2005-2015) 

Uil Scuola, unico sindacato italiano presente, ha sottolineato il ruolo centrale delle RSU: hanno fortemente incentivato la partecipazione attraverso principi di prossimità e utilità e fatto crescere in modo significativo i processi di partecipazione e adesione, impensabili in altri Paesi. 

Una ricerca condotta a livello europeo evidenzia tutte le criticità del sistema delle relazioni sindacali dell’ultimo decennio. La UIL Scuola – unico sindacato scuola italiano  presenta le prospettive aperte dall’accordo del 30 novembre 2016 e le prospettive per un nuovo  dialogo sociale della scuola comunità, aperto  dal rinnovo contrattuale del 9 febbraio.

Il 26 febbraio, la UIL Scuola  ha partecipato a Bruxelles alla presentazione di una ricerca a carattere europeo, condotta da un consorzio di dieci Università, coordinate dall’Università di Amsterdam, sullo stato  della contrattazione nel pubblico impiego, nei dieci anni  compresi tra il 2005 ed il 2015, presentando, insieme alla università di Teramo la situazione italiana.

Molti Paesi hanno evidenziato le difficoltà connesse alla crisi generalizzata. Nella Repubblica Ceca ed in Grecia le misure hanno toccato in modo molto aggressivo oltre che i livelli salariali    anche le relazioni industriali  di fatto annullandole e/o riducendo ampiamente l’espressione della libertà sindacale dei lavoratori, diversamente dall’Italia, in cui una forte azione del sindacato ha saputo attivare processi di qualificazione e coinvolgimento, in grado di piegare anche decisioni assunte unilateralmente dal Governo. Il lavoro di rappresentanza delle RSU in tutti i luoghi di lavoro ha fortemente incentivato la partecipazione attraverso principi di prossimità e di utilità e ha fatto crescere in modo significativo processi di affiliazione impensabili in altri Paesi che hanno consentito questi risultati sindacali, attraverso la contrattazione collettiva.

@ La sintesi del contributo di Noemi Ranieri >>>

Per la maggior parte dei  paesi  i dieci anni esaminati non sono stati  semplici, particolarmente in Italia e Spagna, ma la crisi non ha risparmiato settori pubblici della sanità e degli enti locali nemmeno in Olanda Francia etc. Per l’Italia la  crisi ha fatto sentire i suoi effetti sul taglio agli organici del personale in tutti i settori, il blocco  dei contratti  collettivi, la perdita del potere d’acquisto dei salari, l’indebolimento delle relazioni sindacali ad ogni livello.

Nel nostro paese, come ben ha evidenziato  l’indagine condotta da Marcello Pedaci  dell’Università  di Teramo, gli effetti  sono stati particolarmente forti con modelli di intervento che sulla scuola hanno segnato più che in ogni altro settore la differenza.

Quando nel 2015 la cosiddetta buona scuola ha restituito molto parzialmente ciò che era stato sottratto dalla riforma Gelmini del 2008,  contro la sua definitiva approvazione si è registrato il più grande sciopero della storia della scuola italiana, con motivazioni che superavano  ampiamente le questioni economiche, comunque presenti.

I delicati  equilibri della scuola sono stati cambiati con la legge 107,  più potere alla dirigenza scolastica, molto ridotta la funzione delle comunità professionali dentro la scuola, una ulteriore riduzione della  contrattazione, nessuna disponibilità al rinnovo del contratto collettivo di lavoro, nessun volontà di porre rimedio alla perdita del potere d’acquisto dei salari degli insegnanti, se non attraverso bonus professionali come elargizioni per gli operatori scolastici,già  tra i più penalizzati d’Europa, nessuno spazio per modificare norme ritenute ingiuste attraverso il contratto, a conferma di quanto definito dalla legge Brunetta, che la ricerca molto bene analizza.

La legge inoltre ha accentuato  il malcontento generalizzato poiché minava la stessa idea di scuola definita dalla Carta costituzionale.

I sindacati  italiani hanno messo mano ad un lavoro di tessitura per ristabilire principi basilari della rappresentanza, dopo aver ridotto i comparti di contrattazione e dopo aver creato settori contrattuali più ampi.

Con l’accordo del 30 novembre 2016  sono stati  recuperati  alcuni principi base per la rappresentanza, che superano le problematiche puramente economiche dei lavoratori.

A seguito di questo accordo,   tra  dicembre 2017  e  febbraio 2018 tutti i contratti  del pubblico impiego sono stati rinnovati, dopo un blocco di quasi dieci anni.

Il merito va alle tre grandi confederazioni sindacali,  poiché molti sindacati a carattere corporativo contrastano sempre di più  il valore della contrattazione e creando conflitti tra le aree professionali di uno stesso settore.

I contratti prevedono tutti un incremento medio mensile di 86 euro, 96 per la scuola, il riconoscimento degli arretrati, il mantenimento dei meccanismi di calcolo favorevoli ai livelli retributivi più svantaggiati, la restituzione di istituti organizzativi alla contrattazione, sia a livello nazionale, che regionale che di scuola.

Per la scuola si valorizza il contributo di tutti i profili professionali alla definizione dei piani educativi, si ristabilisce  il principio di comunità educante con il quale la scuola deve presentarsi di fronte alla società.

Il rinnovo compie una operazione ancora più significativa: rida forza alla contrattazione ed al ruolo dei sindacati nella rappresentanza dei lavoratori a cui uniformemente sia i governi di centro destra che di centro sinistra si sono opposti negli ultimi venti anni.

Per l’istruzione questo è coinciso con azioni il cui obiettivo , a nostro avviso,  quello di indebolire la funzione della scuola pubblica così come definito nella Carta costituzionale, quale fondamento di democrazia e di sviluppo.

Una scuola libera, pubblica, aperta a tutti, impegnata a sostenere i capaci e meritevoli , fondata sulla libertà di insegnamento e sulla autonomia organizzativa e didattica, capace di includere, alunni stranieri , diversamente abili, a partire dai tre fino ai diciannove  anni di età, a sostegno dell’apprendimento permanente.

Diversa dalla scuola privata, spesso confessionale, che in modo sempre più aggressivo chiede di ottenere per se vantaggi e riconoscimenti che la legge attribuisce solo a quella pubblica.

La sfida più delicata resta ora quella di consolidare i risultati raggiunti, rafforzare  la  contrattazione ed il ruolo di intermediazione sociale che tanti corpi sociali, tra cui il sindacato possono e sanno ben giocare.


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