Lettera ai Genitori

di Enrico Campanelli

Cari genitori,
siamo una comunità di insegnanti, genitori anche noi e abbiamo deciso di condividere con altri colleghi e con voi alcune basilari riflessioni sulla scuola. Le domande che ci siamo posti sono semplici ma importanti:

  • a cosa serve la scuola?
  • la scuola di oggi assolve davvero al suo compito?
  • noi insegnanti, facciamo davvero il nostro lavoro?

Sono domande apparentemente superfue: le risposte appaiono talmente ovvie che sembra davvero tempo perso stare lì a pensarci. Eppure… non abbiamo potuto fare a meno di porcele, perché da molti anni ormai, nel nostro lavoro quotidiano a scuola, sia dentro le aule insieme ai vostri (e nostri) figli, sia durante le riunioni tra noi docenti, ci è venuto il dubbio che le risposte a queste domande non siano così ovvie e soprattutto non siano quelle che dovrebbero essere. Consideriamole una alla volta.

A cosa serve la scuola?

La scuola deve prima di tutto istruire i ragazzi, cioè fornirgli quella che chiamiamo cultura, che è fatta dalle conoscenze nei vari campi del sapere (letteratura, storia, filosofia, matematica, scienze, arti ecc.). La cultura è quella immensa eredità di idee, conoscenze, valori morali, scoperte scientifiche, meraviglie artistiche, che le passate generazioni di esseri umani hanno prodotto in millenni di “vita vissuta” e che si tramanda a noi grazie soprattutto ai libri. Una persona senza cultura è come un eterno bambino, che deve reimparare tutto da capo ogni giorno, perché non ha alcuna memoria del passato.

La scuola deve anche educare i ragazzi, cioè fornirgli i valori morali su cui fondiamo la nostra società: l’uguaglianza, la libertà, il rispetto degli altri, la democrazia, il rispetto per l’ambiente, il valore della scienza, la sensibilità verso la bellezza artistica ecc. Ma secondo voi, questi valori, per essere davvero fatti propri, per diventare davvero “educazione”, possono essere trasmessi ai giovani come le tabelline? Si possono imparare a memoria come fossero la lista della spesa? Certo che no! Comprendere davvero l’importanza di questi valori non può che passare ancora per la cultura, cioè per l’esperienza del passato, che ci mostra con i fatti le atrocità e i mali che si generano quando questi valori vengono a mancare. Come si fa a capire davvero il valore dell’uguaglianza e del rispetto degli altri se non si studia cosa è successo nei campi di sterminio nazisti? Come si fa a comprendere l’importanza della sostenibilità ambientale se non si studiano gli effetti disastrosi dell’inquinamento? Come si fa a far capire a un giovane la differenza tra uno scienziato e un ciarlatano se non si studiano le conquiste del metodo scientifico e gli orrori e le sofferenze causati dalle superstizioni? Si torna sempre là: la cultura è il fondamento di un vivere consapevole.

Ed ora una domanda importante: la scuola deve formare i ragazzi al lavoro? È chiaro che in Italia, soprattutto di questi tempi, dove la disoccupazione è un male cronico, la risposta che verrebbe spontanea non possa che essere sì. La risposta è però un po’ più complicata. È fondamentale capire due cose: primo, che c’è un tempo per istruirsi ed educarsi, e un tempo per formarsi al lavoro; secondo, che un lavoratore è prima di tutto una persona, un cittadino. Mescolare prematuramente questi due momenti rischia di generare cattivi cittadini e cattivi lavoratori. Non bisogna dimenticarci lo scopo principale della scuola: istruire ed educare. Il lavoro viene dopo; per quello ci sono l’università, i corsi di formazione e l’esperienza lavorativa stessa. Una persona ha bisogno di istruzione ed educazione per poter essere prima di tutto un cittadino consapevole e solo poi un lavoratore. Un lavoratore senza istruzione e senza educazione assomiglia più a uno schiavo che a un cittadino; è più simile ad un robot che ad un uomo. Cosa volete davvero per i vostri figli? Pensateci bene.

La scuola di oggi fa davvero il suo dovere?

Ed ora vediamo come funziona la scuola di oggi e, soprattutto, dove sta andando. Le numerose riforme che negli ultimi vent’anni si sono abbattute sulla scuola ne hanno stravolto la vera missione.

Alla base di queste riforme c’è una pericolosa invasione di campo dei poteri economici nel mondo della scuola, invasione fondata su un’idea malsana e assurda: a scuola si studia troppo, la cultura è inutile, studiare è tempo sprecato! Quando si è imparato a leggere, scrivere, far di conto e poco altro, basta e avanza. Secondo questa nuova concezione della scuola, il resto del tempo lo si dovrebbe dedicare allo sviluppo di “competenze” (oggi vengono chiamate con il termine inglese skills) ritenute utili nel mondo del lavoro, quali la capacità di collaborare con gli altri, di cambiare spesso mansioni, di risolvere i conflitti, di adattarsi a condizioni di stress,  di fare l’imprenditore, di comandare gli altri e così via.
La scuola, cioè, deve diventare una sorta di centro di addestramento psicologico per affrontare la trincea del lavoro.

Tutte cose, queste, che, correttamente intese (e sottolineiamo correttamente) sarebbero anche utili (ci sarebbe però da chiedersi: sono più utili al lavoratore o al datore di lavoro?) Ci sono però alcune questioni da porsi:

  • è giusto sostituire la cultura con queste cose?

  • è giusto insegnare queste cose fin dalla scuola elementare?

  • davvero la scuola è il posto ed il momento giusto per ‘insegnare’ certi modi di essere?

  • siamo davvero sicuri che sia un bene per il sano sviluppo della personalità e dell’individualità di ciascun ragazzo essere sottoposti ad un processo che vuole plasmare tutti allo stesso modo, come fossero bulloni che escono dalla catena di montaggio?

Noi riteniamo che la risposta a queste domande sia no. Noi riteniamo che l’istruzione, la cultura e l’educazione siano i pilastri fondamentali per la formazione di un giovane e che quindi non possano assolutamente essere abbattuti per far posto ad esigenze ed interessi di natura economica che, nella migliore delle ipotesi (e cioè che siano interessi ed esigenze individuati in buona fede), devono venire dopo la cura della crescita culturale ed etica.

In pratica, le riforme della scuola, nel voler perseguire i loro obiettivi, hanno nel corso degli anni tolto importanza e tempo all’istruzione vera e propria per darne invece ad attività di vario genere, corsi di qualsiasi tipo, PCTO (la vecchia alternanza scuola-lavoro) gare, competizioni, che apparentemente sembrano offrire opportunità strabilianti per il futuro ma in realtà, nella maggior parte dei casi, si rivelano perfettamente inutili perché tali attività sono improvvisate, mal concepite e mal realizzate. Il risultato? Ogni anno si sfornano diplomati sempre più ignoranti, che saranno cittadini più ignoranti (e quindi meno cittadini…) e, d’altra parte, i livelli occupazionali non migliorano di certo.  La disoccupazione non è colpa di una scuola “vecchia” ma di una politica economica inadeguata e senza lungimiranza. La classe imprenditoriale italiana è mediamente abbastanza inadeguata (e certamente non perché ha studiato troppo, semmai perché ha studiato troppo poco!) e lo Stato non realizza strategie ed investimenti che sul lungo periodo possano garantire occupazione di qualità. E siccome realizzare tali politiche è difficile, allora è più facile addossare la colpa alla scuola e trasformarla in una fabbrica di forza lavoro adattabile, sfruttabile, con poche pretese, silenziosa e con il perenne senso di colpa di non essere abbastanza “flessibile”.

È importante sottolineare una cosa: noi non diciamo che ci sia un complotto da parte della politica contro la scuola, non pensiamo che ci sia una vera malafede orientata a produrre cittadini succubi ed ignoranti pronti ad essere sfruttati dal mondo del lavoro. Questo no. Diciamo però che spesso, alla base delle riforme della scuola e delle scelte politiche sulla scuola, c’è stata una buona dose di ignoranza ed incompetenza e tali riforme sono state messe in mano ad economisti, burocrati, esperti di dubbia provenienza e capacità (che molto poco sapevano di scuola e di didattica) che hanno provocato, magari in buona fede, immani disastri nella scuola. E la cosa drammatica è che tale tendenza continua e diventa sempre più marcata. La crisi economica causata dalla pandemia ed il famigerato PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che ne è seguito saranno i mezzi per dare un altro colpo micidiale alla scuola. Sono già in discussione disegni di legge che cancelleranno dalla scuola altre ore dedicate alla cultura ed all’educazione, per dedicarle ad un presunto “addestramento” al mondo del lavoro che lascerà il tempo che trova e il cui unico risultato sarà che nei prossimi anni la scuola sfornerà diplomati ancora più ignoranti.

Noi insegnanti, facciamo davvero il nostro lavoro?

E veniamo al nostro lavoro di insegnanti. Tutte le riforme di cui vi abbiamo parlato sopra hanno prodotto un mare di procedure burocratiche che soffocano il nostro vero lavoro: trasmettere cultura ed educare i ragazzi. La cosiddetta “scuola delle competenze” (espressione pericolosa ed ambigua oggi molto usata) e il sistema valutativo che c’è dietro generano una tale quantità di burocrazia, di carte da riempire, di vincoli da rispettare, che il lavoro dei docenti è diventato più simile a quello di un vecchio archivista che a quello di un intellettuale che deve accendere la passione del sapere nei giovani e li deve istruire. A voi genitori, tutta questa burocrazia arriva tramite sigle e parole spesso incomprensibili (PTOF, PCTO, DaD, DDI, crediti, competenze, abilità, ecc.) che di fatto non solo non aggiungono nulla alla qualità dell’insegnamento; al contrario, rubano tempo prezioso al vero lavoro dell’insegnante.

Nelle nostre riunioni (Consigli di classe, collegi docenti, riunioni dipartimentali) ormai non si parla più di didattica, nessuno discute più di cosa insegnare e di come farlo nel modo migliore; si parla invece solo di registri da compilare, di griglie, di tabelle, di circolari, di protocolli, di procedure, di certificazioni e quant’altro. C’è un vero e proprio delirio di incombenze burocratiche che stritola e ingoia ciò che è veramente importante e di cui si dovrebbe discutere, e cioè: che cosa imparano davvero i nostri ragazzi a scuola?

Le statistiche internazionali (OCSE-PISA) che monitorano i livelli di apprendimento nelle materie basilari (lingua madre, matematica, scienze) dicono non solo che i risultati degli studenti italiani si collocano sotto la media degli altri paesi, ma anche che, rispetto al 2000, la capacità di leggere e comprendere un testo in italiano è diminuita sensibilmente ed è rimasta stabilmente inferiore in tutti gli ultimi vent’anni. Tutto ciò a dispetto delle tanto decantate riforme della scuola, sfornate dalla sera alla mattina ad ogni cambio di governo, da ministri spesso raccogliticci e improvvisati, senza una linea coerente che fosse fondata su solide basi scientifiche. E questo processo deleterio sta continuando, anche in modo peggiore rispetto al passato, con l’attuale ministro Bianchi. In una recente riunione tra il ministro ed alcuni politici, in cui si discuteva un disegno di legge per una nuova riforma della scuola, si è assistito a una grottesca invettiva contro la trasmissione del sapere che si fa a scuola. Questi signori, letteralmente, sbraitavano dicendo con disprezzo che “a scuola si insiste ancora a trasmettere il sapere!”. Sembra impossibile che sia successo ma è proprio così. Il nostro gruppo cerca di opporsi a questa deriva che sta demolendo la scuola anno dopo anno. E per questo abbiamo bisogno anche del vostro aiuto.

Cosa ti chiediamo?

Condividi questa lettera e il nostro manifesto tra i genitori, anche all’interno degli organi collegiali della scuola: solo un’alleanza forte e profonda tra genitori e insegnanti infatti potrà impedire lo smantellamento dell’istruzione pubblica.
Il nostro gruppo ha elaborato il “Manifesto per la nuova Scuola” nel quale riassumiamo le nostre idee e le nostre proposte per una scuola che sia davvero nuova e che ritorni a fare il suo dovere: istruire ed educare i giovani. Il documento è stato sottoscritto da molti dei maggiori intellettuali del nostro Paese, tra cui Alessandro Barbero, Luciano CanforaMario Capasso, Ivano DionigiChiara Frugoni, Carlo Ginzburg, Francesco Guccini, Edoardo Lombardi Vallauri, Vito Mancuso, Dacia Maraini, Ana Millan Gasca, Tomaso Montanari, Filippomaria Pontani, Adriano Prosperi, Massimo Recalcati, Lucio Russo, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky.

Questo è il link al manifesto:

https://nostrascuola186054220.wordpress.com/2021/03/20/manifesto-per-la-nuova-scuola/

Firma la petizione

Abbiamo avviato una petizione per portare il nostro manifesto all’attenzione delle istituzioni: ti chiediamo di firmarla per dare forza alla nostra iniziativa.  Questo è il link alla petizione:

https://www.change.org/p/manifesto-per-la-nuova-scuola

 

Condividi questo articolo: