Repubblica: Va in onda lo sciopero della scuola: solo 6 su 100. Turi: “Ma la ribellione è iniziata”

Su La Repubblica, il Segretario generale UIL Scuola torna sullo sciopero del 16 e fa il punto della situazione sul mondo dell’istruzione. 

La scuola ha scioperato, oggi. E manifestato, ieri e oggi. Con una larga rappresentanza sindacale (mancava la Cisl), gli studenti al seguito per le aule fredde e pure i presidi, travolti dall’avanti-indietro del governo sul virus e le quarantene. I dati, ancora parziali perché riferiti al 60 per cento degli istituti, sono bassi: ha aderito il 6,1 per cento del personale scolastico, ma non tutte le segreterie hanno comunicato. Il segretario della Uil scuola, Pino Turi, dice: “Avevamo tutti contro, abbiamo dovuto organizzare in fretta, considero questo sciopero l’inizio di una ribellione al pensiero unico confindustriale. Diventeremo valanga”.

Sciopero, aderisce al 6,1%. Turi: “Un nuovo inizio”

di Corrado Zunino

Pino Turi, segretario della Uil scuola, che dati avete sull’adesione allo sciopero del personale scolastico?

“Alle ore 14,30, sul 60 per cento degli istituti, ha aderito il 6,1 per cento di docenti e amministrativi. Diverse scuole comunicheranno i numeri domani o lunedì”.

Di fronte a una proclamazione dello sciopero da parte di sindacati che coprono il 70 per cento degli iscritti totali, 94 insegnanti su 100 non si sono fermati. Un dato deludente?

“Non certo entusiasmante, ma è un inizio. Dopo due anni di blocco sindacale causa Covid. C’è chi ci aveva chiesto di non scioperare, ancora una volta, per senso di responsabilità e, poi, siamo stati attaccati da tutti. Dobbiamo ricordare che nel 2016, ultima serrata registrata, l’adesione fu al 9 per cento. Il personale della scuola, è un fatto, tende a non scioperare”.

Nel 2015, in verità, la grande manifestazione contro la Buona scuola di Renzi portò in piazza l’ottanta per cento degli insegnanti. Poi la legge passò lo stesso. Nasce qui, forse, la delusione sindacale del corpo docente?

“L’effetto di quei numeri si sentì a scoppio ritardato, riuscimmo a modificare la Buona scuola attraverso il contratto. Il governo Renzi approvò la legge, poi il governo Gentiloni con la ministra Fedeli la trasformò. L’approccio della 107 sulla scuola è morto gradualmente: la chiamata diretta dei docenti, per esempio, è stata approvata solo in un ramo del Parlamento”.

Ai tempi dei social la partecipazione dei lavoratori si riduce a un post su Facebook.

“I social non sono la realtà e allontanano la gente dalla realtà. Le persone scaricano la rabbia dietro una tastiera. Dobbiamo dirlo, anche noi ci siamo allontanati dalla realtà e oggi abbiamo fatto un bagno di realtà: la gente deve tornare a organizzarsi e fare sindacato nella maniera classica. Lo sciopero, ricordiamo, va preparato. Noi abbiamo dovuto fare tutto velocemente, da soli, contro un pensiero unico che neppure consente di parlare di astensione dal lavoro. Oggi la gente ha cominciato a ribellarsi, la scuola si ribella. C’è sempre qualcuno che inizia, siamo la palla di neve che diventerà valanga”.

Avete scioperato per i pochi soldi in busta paga nel rinnovo del contratto.

“Non solo. La politica martella gli spettatori e i lettori con una propaganda che nasconde i fatti: qualcuno pensa davvero che ci sono i soldi per il contratto della scuola, che ci sono le risorse per ridurre le classi pollaio, per rifare le scuole. Questo è il guaio, la disinformazione e la successiva rassegnazione. La gente rassegnata è peggio della gente in piazza. I docenti restano pur sempre quell’istituzione che deve indurre le nuove generazioni a essere motivate”.

È frustrante, oggi, fare il sindacalista della scuola?

“È esaltante quando guardi i lavoratori negli occhi, frustrante quando parli con la politica. Il Parlamento è esautorato: con la Legge di bilancio ha ricevuto dal governo 600 milioni di euro per le minute spese e non può incrementarli. Il presidente Mario Draghi ha deciso di sovvenzionare la scuola e non l’università. Vede la prima come un centro di occupazione professionale, ma è molto altro. È un ascensore che deve consentire a tutti di accedere alle più alte cariche sociali”.

Che cosa pensa dopo otto mesi del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi?

“È un’ottima persona che non ha potuto incidere, gli hanno subito bocciato ogni proposta. Un ministro dimezzato e usato solo per immagine. Dopo una lunga stagione di attacco al sindacato, partita con Matteo Renzi, proseguita con Lucia Azzolina, oggi al ministero dell’Istruzione abbiamo patito un eccesso di intermediazione senza risultati, ore e ore di discussione senza approdare a nulla. Siamo tra due fuochi, quello neoliberista e quello populista. E sta venendo meno la sinistra sociale. Siamo rimasti noi a rappresentare la sinistra sociale, senza partiti di riferimento, e dobbiamo fare il lavoro due volte”.

 


Condividi questo articolo: