Intelligenza artificiale e istruzione: la differenza tra trovare un risultato e sapere dove cercare

Essenziale il ruolo demiurgico degli insegnanti in una costruzione del sapere che si vorrebbe sempre più veloce e basata sui dati finali.

PARIGI – La riunione autunnale del Comitato sindacale consultivo presso l’OCSE su istruzione e competenze è stata dominata da un tema ormai ricorrente in tutti gli ambiti professionali, la transizione ambientale e digitale.

L’impatto che tali trasformazioni, già in atto, avranno su studenti e docenti e sui sistemi di istruzione in generale è da alcuni anni al centro della ricerca dell’OCSE. Impegno di analisi e proposta che riguarda prevalentemente l’individuazione delle competenze che serviranno per il mercato del lavoro, ma anche per individuare quegli squilibri socioeconomici che potranno colpire le economie dei Paesi aderenti.
In apertura di riunione è stato presentato lo studio più recente sull’impatto dell’intelligenza artificiale sull’istruzione e dei suoi effetti correlati alla possibile concorrenza con l’intelligenza umana.

>>> I ricercatori hanno condotto un confronto tra le due intelligenze sulla base delle risposte date ai test usati nelle indagini PIAAC e PISA, usando due versioni di GPT. Ne è emerso che l’IA è in grado di rispondere esattamente all’80% dei quesiti PIAAC di comprensione del testo e altre competenze linguistiche e ai 2/3 dei quesiti scientifico-matematici, mentre nei test PISA GPT fa meglio della media dei quindicenni nella lettura e in scienze, ma in matematica viene ancora superato dall’intelligenza umana.

Le indicazioni dei ricercatori, visto il futuro incremento delle capacità dell’IA, invece di puntare su metodi di insegnamento personalizzati, suggeriscono di insegnare ad utilizzare questi sistemi per eseguire i compiti.

Il risultato diventa più importante del percorso. Non conta il procedimento, il metodo, ma l’esito.
Si rinuncia in questo modo ad una impostazione critica, illuminista, e all’idea che la scuola sia luogo di crescita personale, di sapere critico, di sviluppo delle capacità cognitive, di integrazione e inclusione.

La Uil Scuola Rua, rappresentata da Rossella Benedetti, assieme ad altri sindacati presenti, ha criticato l’impostazione data al rapporto, giudicando pericolose le affermazioni sulla presunta utilità di sistemi di IA per compensare l’insufficiente rendimento degli alunni. Conoscerne le potenzialità e i punti deboli è di certo necessario, ma il confronto deve essere basato sulla base delle conoscenze effettive, legate agli apprendimenti, e alle capacità soggettive di saper eseguire le stesse operazioni, magari più lentamente ma in modo esatto.

Inevitabile chiedersi se – in un’ottica di medio e lungo periodo – i risultati di queste ricerche non servano solamente a giustificare ulteriori tagli di personale per arricchire le aziende specializzate in prodotti digitali per l’istruzione.

L’istruzione e la formazione professionale ha occupato un’altra porzione sostanziale dell’incontro con l’esame dei dati contenuti nell’edizione 2023 di uno Sguardo sull’educazione e l’aggiornamento sulle attività preparatorie dell’indagine valutativa definita provvisoriamente PISA-VET. Il campione oggetto delle rilevazioni sarà composto da tutti gli studenti degli ultimi anni dei corsi IeFP corrispondenti ai livelli internazionali ISCED 3 e 4 solo nei cinque settori individuati dagli esperti (meccanico auto, elettricista, amministrazione e contabilità, assistente sociosanitario, alberghiero).

Per le competenze di letto-scrittura e risoluzione di problemi si utilizzeranno i test dell’indagine PIAAC in aggiunta a prove pratiche specifiche del settore. Inoltre, verranno valutate le cosiddette competenze di occupabilità, ossia quelle che sono state variamente definite come competenze trasversali, soft skills, ecc…

A parte l’utilità o meno di queste indagini, nel caso della formazione professionale emerge immediatamente l’impossibilità di ottenere dati attendibili vista l’enorme disparità di risorse laboratoriali tra scuola e scuola e tra sistemi nazionali. È vero che l’indagine è nella sua fase sperimentale, ma non potrà raggiungere gli obiettivi che si prefigge se queste sono le premesse.

Si è parlato, poi, dell’imminente aggiornamento dell’indagine TALIS, che nel 2024 raccoglierà nuovi dati nei Paesi partecipanti (Italia inclusa). La restituzione è prevista tra il 2025 e il 2026 e mira a fornire non più raccomandazioni per le politiche nazionali, bensì esempi di politiche funzionanti e delle ragioni dietro il successo. Ci sarà naturalmente anche qui attenzione alla didattica ambientale e all’intelligenza artificiale applicata all’insegnamento e alla gestione scolastica.

Nell’ultima parte della riunione si è discusso di Equità ed inclusione nell’istruzione, il secondo rapporto elaborato nella cornice di un progetto OCSE chiamato La forza attraverso la diversità, che esamina da diversi punti di vista questo tema fondamentale per l’istruzione.

Purtroppo, come in altri studi dell’OCSE, si tende a concentrare l’attenzione su ciò che i docenti dovrebbero fare per garantire scuole più inclusive e si sorvola sulle responsabilità della politica e degli amministratori in generale. La forzata ingenuità degli esperti dell’OCSE o, peggio, lo scarico di responsabilità per le mancate scelte dei governi nazionali diventa in certi casi un ulteriore aggravio per gli insegnanti.

Continuiamo a sostenere che i dati raccolti potrebbero essere meglio rappresentati dando parola ai lavoratori, non solo ai governi (o ai consulenti provenienti dell’economia del libero mercato).


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