DOSSIER UIL SCUOLA sugli Istituti Professionali di Stato

Tra gli studenti che frequentano le scuole secondarie
uno su cinque studia in questi istituti
Vi insegna il 21 % dei docenti di ruolo nella secondaria

La Uil Scuola lancia l’allarme:
il 20% delle nostre scuole superiori
rischia di sparire o frantumarsi
Scuole dal futuro incerto tra competenze regionali
e nuovi modelli di scuola superiore prefigurati dalla riforma,
gli istituti professionali potrebbero restare fuori dai decreti di equiparazione.
Prima di avviare la riforma questo aspetto deve essere chiarito

Tempi ridottissimi e scadenze già slittate. In questo quadro si collocano gli istituti professionali (dove la parte specialistica dei programmi è di competenza regionale) che rischiano di restare fuori dalle tabelle di equiparazione. Qualche esempio fra gli altri: alberghieri, servizi di ristorazione, ottici, odontotecnici.

La legge di riforma – sottolinea il segretario della Uil Scuola, Massimo Di Menna – prevede un ‘buco nero’, quello degli istituti professionali. Regolamenta in modo preciso tutto il sistema dei licei ma lascia ‘in bianco’, in una situazione di estrema incertezza, il settore dell’istruzione professionale.

C’è il rischio – sottolinea Di Menna – che sparisca o si frantumi una parte del nostro sistema di istruzione che riguarda il 21% degli studenti e il 21% degli insegnanti della secondaria.

Si tratta – mette in chiaro di Menna – di istituti statali, con personale alle dipendenze dello Stato. Scuole apprezzate e richieste da settori importanti dell’economia italiana. Aziende turistiche, industriali, commerciali si rivolgono a queste scuole per reclutare il personale.

Vanno salvaguardate – aggiunge Di Menna – e invece si è diffusa tra le famiglie e il personale che lavora in queste scuole una profonda incertezza per il loro futuro.

Va messa la parola fine a questo quadro di incertezze. La richiesta di un incontro triangolare Stato – Regioni – Sindacato che affrontasse anche questo tema non ha avuto nessun riscontro.

Ora è necessario che venga delineato un quadro nazionale di riferimento preciso – puntualizza Di Menna rilanciando la proposta della Uil Scuola:
un sistema integrato tra istruzione e formazione, più un post-secondario specialistico diffondendo l’esperienza positiva degli istituti di formazione tecnica superiore (IFTS).

Protestiamo con forza – conclude Massimo Di Menna – perché negli incontri tra Stato e Regioni, il sindacato è stato lasciato fuori, invece prima di avviare la riforma questi aspetti devono essere chiariti.


 UIL SCUOLA
SUGLI ISTITUTI PROFESSIONALI DI STATO
Sintesi

La Conferenza Unificata Stato-Regioni ha all’ordine del giorno della riunione di oggi il decreto di equipollenza, la validità dei titoli e la quota oraria che dalle regioni dovrebbe andare alle scuole. Tra gli elementi più delicati, tra definizione delle competenze regionali e nuovi modelli ancora ‘virtuali’ prefigurati dalla riforma, c’è la questione degli istituti professionali.

Sono percorsi di studio che consentono la formazione di figure importanti per lo sviluppo del Paese che rischiano, però, di essere dimenticate perché non incluse nei decreti di equiparazione previsti dalla riforma nel passaggio tra vecchi e nuovi ordinamenti.

I diplomati negli istituti professionali ottengono qualifiche molto richieste dalle aziende. Industria, artigianato, turismo, sono i settori nei quali più numerosa è la richiesta di professionalità specifiche.

Nel confronto con le Regioni la questione dell’istruzione professionale è elemento centrale: la Uil Scuola lancia l’allarme, un pezzo importante del nostro sistema di istruzione rischia di scomparire o frantumarsi.

Dalla necessità di salvaguardare e valorizzare un settore del nostro sistema scolastico apprezzato e richiesto nasce l’indagine Uil Scuola sugli Istituti Professionali.

  • 30 novembre – 15 dicembre – 31 dicembre – 31 gennaio
    Quattro date da tenere a mente

Il 30 novembre scadeva il termine entro il quale dovevano essere approvate le tabelle di confluenza dei percorsi e di corrispondenza dei titoli tra vecchi e nuovi ordinamenti.
Il decreto di riforma del secondo ciclo dell’istruzione prevede infatti che “al coordinamento dell’attuazione a livello nazionale si provvede attraverso specifiche intese Stato-Regioni da definire entro il 30 novembre”.
Il 15 dicembre la Conferenza Unificata ha all’ordine del giorno proprio il parere sulle queste tabelle. Una tappa importante, che dovrebbe essere propedeutica al coordinamento dei nuovo ordinamenti con le competenze delle regioni.
Entro il 31 dicembre 2005 ogni Regione deve fissare la sua programmazione, in base alle precedenti intese Stato-Regioni e alle tabelle di equiparazione.
Ma il decreto di equiparazione non è stato approvato e le Regioni, sul versante di loro competenza, ancora da definire, avrebbero meno di un mese per mettere a punto i programmi.
In questa situazione di estrema incertezza, entro il 31 gennaio 2006, dovranno essere fatte le pre-iscrizioni. Le famiglie dovranno infatti decidere a quale scuola iscrivere i ragazzi per il primo anno di scuola secondaria. Scelta non facile perché, se da un lato l’avvio della riforma è previsto per il 2007, dall’altro la mancanza di un quadro di riferimento preciso, con corrispondenze tra vecchi e titoli di studio, tratteggiati dalla riforma ma ancora ‘virtuali, amplifica il disagio.

  • Materie comuni e formazione professionale specialistica:
    si formano così gli studenti degli istituti professionali di Stato

L’universo degli istituti professionali è articolato complessivamente in 23 di indirizzi, 35 qualifiche e 25 diplomi di maturità strutturati in un triennio di qualifica e un biennio post-qualifica.
La caratteristica di queste scuole è l’integrazione tra un monte ore (22) di materie comuni cui vengono affiancate ore di formazione professionale specialistica, di competenza delle Regioni.
Si studia cinque giorni a settimana per 22 ore: 5 ore di lezione di italiano, 4 ore di matematica ed informatica, 3 di lingua straniera e 3 di scienze e biologia, 2 ore di storia, 2 di educazione fisica. L’ora di religione è per coloro che se ne avvalgono.
La particolarità è che, per la parte di lezioni specifiche dell’indirizzo scelto, viene riservato un giorno alla settimana con moduli intensivi decisi da ogni progetto di formazione.
In queste ore i ragazzi frequentano lezioni svolte da esperti nei campi di interesse e svolgono esperienze di scuola-lavoro (stages).

  • Oltre mezzo milione di ragazzi frequenta gli istituti professionali:
    rappresentano il 21% della popolazione scolastica della secondaria superiore

Il 21% degli studenti della scuola secondaria frequenta gli istituti professionali, oltre mezzo milione di ragazzi (esattamente 540.564 nell’anno scolastico in corso).
La distribuzione geografica mostra un livello di frequenza ‘trasversale’ alle aree macroeconomiche: al primo posto la Campania con oltre 73mila studenti (73.127), al secondo la Lombardia con quasi 70 mila (69.923), al terzo la Sicilia con più di 58 mila studenti (58.513).
Seguono con 51.199 mila studenti la Puglia, il Lazio (45.331), il Veneto (41.197), l’Emilia Romagna (34.136) e il Piemonte (33.757).
Sono oltre 28 mila gli studenti degli istituti professionali della Toscana, quasi 26 mila quelli della Calabria, più di 15 mila quelli delle Marche, oltre14 mila quelli della Sardegna, 11 mila quelli della Liguria. Al di sotto di diecimila studenti si collocano le altre regioni.
In cinque regioni italiane, Basilicata, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Puglia, la percentuale degli iscritti agli istituti professionali è pari a circa un quarto (23%) dell’insieme degli studenti che frequentano le scuole superiori.
Un ulteriore dato emerge dall’analisi territoriale: se si mettono a confronto i dati di frequenza delle scuole superiori con quelli degli istituti professionali si scopre che negli ultimi cinque anni le regioni che hanno fatto registrare una diminuzione del numero degli iscritti agli istituti professionali sono, in primo luogo le regioni del nord-est: il Friuli Venezia Giulia (passati da 10.284 a 9.470, -2,62%) e Veneto (con 42.900 studenti nel 2001 e 4.197 nel 2005, – 2,49%). A seguire l’Emilia Romagna con una flessione del 2,06% e la Lombardia con l’1,73% di iscritti in meno.

  • Campania, Lombardia e Sicilia le regioni con il maggior numero di classi
    Tra le città ai primi posti Roma, Milano e Torino

Sono più di 25 mila le classi in Italia: il maggior numero (8.134) è nel sud, con circa un terzo del totale (31,4%). Il 21% è nel Nord Ovest (5.340 classi). Con tre punti percentuali in meno (18%) segue il centro dove ci sono 4.652 classi. Sono poco più di quattromila (4.132) le classi nel Nord Est mentre il 13,4% delle classi è distribuito nelle isole (3.484 classi).
Roma, Milano e Torino sono le città con il numero più alto di classi dell’istruzione professionale: oltre 1.300 nella capitale, 1.125 nel capoluogo lombardo e 880 nella città piemontese.
La ragione per cui si l’indicatore delle ‘classi’ è particolarmente importante dipende dal fatto che con la razionalizzazione della rete scolastica nell’istruzione secondaria convivono spesso nello stesso istituto licei, istituti tecnici e istituti professionali. Quello delle classi è dunque un parametro che consente di comprendere l’esatta distribuzione sul territorio degli istituti professionali di Stato.
Nelle tabelle n. 6 e 7 del dossier Uil Scuola il dettaglio della distribuzione regionale e le classi dell’istruzione professionale in tutte le province italiane.

  • Cinque percorsi di studio per diplomi richiesti da molte aziende italiane
    Industria, artigianato, commercio, turismo e ristorazione le tipologie più diffuse

Industria e artigianato sono i settori di istruzione professionale più numerosi (con 734 istituti professionali pari al 38,6% del totale). A seguire con una percentuale pari al 17,7% sono gli istituti commerciali e turistici. Percentuale di poco inferiore per il settore dei servizi alberghieri e della ristorazione (sono 297 pari al 15,6% del totale). Agricoltura e ambiente sono gli indirizzi di 220 istituti mentre servizi commerciali e pubblicitari coprono circa il 10% del totale.
Sono cinque i settori in cui si articolano i percorsi di studio: agrario-ambientale, industria e artigianato, servizi, sanitario-ausiliario e atipici.
Rientrano in quest’ultimo settore i diplomi di tecnico dell’industria grafica, audiovisiva, orafa, di liuteria, del mobile e dell’arredamento, del marmo.
Nel settore dei servizi sono compresi i diplomi della gestione aziendale, dei servizi turistici, di ristorazione, della grafica pubblicitaria.
Abbigliamento, moda, chimico, biologico, energetico, meccanico, elettronico sono i diplomi che fanno capo al settore dell’industria e dell’artigianato.
Diventano ottici o odontotecnici i ragazzi che studiano nel settore sanitario – ausiliario.
Diventano agrotecnici quanti scelgono l’indirizzo agrario nelle diverse qualifiche.

  • In crescita il numero di ragazzi che frequenta il secondo ciclo dell’istruzione. Dopo la flessione degli ultimi anni, inversione di tendenza per i professionali

L’analisi comparata del numero di studenti, per livelli di scuole, negli ultimi cinque anni, mostra una crescita complessiva dei ragazzi che frequentano il secondo ciclo di istruzione (+ 97.878).
Un aumento, discontinuo se analizzato di anno in anno, caratterizzato soprattutto da una distribuzione diversa degli studenti nelle varie scuole.
A partire dal 2003 sono iniziate a diminuire le iscrizioni agli istituti tecnici (42 mila iscrizioni in meno) e degli istituti professionali (14 mila iscrizioni in meno) anche se l’anno in corso fa registrare un’inversione di tendenza.
Un vero e proprio boom è quello che ha caratterizzato i licei scientifici (con oltre 82 mila iscrizioni in più), i licei classici (con 42 mila iscrizioni in più) e gli istituti magistrali (diventati con la riforma ‘licei pedagogici’) che hanno fatto registrare un aumento di oltre 25 mila studenti.
Dimensioni più ridotte, ma simili per trend, quelle che hanno caratterizzato i licei artistici (+ 6.487 studenti) e gli istituti d’arte (- 2.042 studenti in meno nel quinquennio).

  • Negli istituti professionali insegnano cinquantamila docenti di ruolo
    E’ il 21% dell’insieme degli insegnanti di ruolo nella secondaria superiore

Ad insegnare negli istituti professionali di Stato ci sono quasi cinquantamila (47.270) docenti di ruolo, pari al 21 % dell’insieme degli insegnanti di ruolo nella secondaria superiore. In cinque anni il numero dei docenti impegnati nelle scuole professionali è cresciuto mediamente di circa il 20%.
Il maggior numero si trova negli istituti della Campania (6.376 su un totale di 28.025 insegnanti della secondaria). A seguire la Lombardia gli insegnanti sono 5.769 su un totale di 27.793 docenti della secondaria. Terza posizione per la Sicilia dove gli insegnanti degli istituti professionali sono 5.000 (su un totale di 23.294 insegnanti). Quarto e quinto posto spettano alla Puglia (con 4.493 insegnanti dei professionali su un totale di 19.583 insegnanti, pari al 22,9%) e al Lazio dove su 22.057 docenti di ruolo nella secondaria, 3.964 insegnano nei professionali (19,7%).
Percentualmente le regioni che hanno un maggior numero di docenti che insegnano negli istituti professionali (in rapporto al numero complessivo di docenti della scuola superiore) sono la Basilicata (23,9%), il Friuli Venezia Giulia (23,4%), la Puglia (22,9%), il Veneto (22,8%) e la Campania (22,7%).
Una crescita percentuale, superiore alla media nel quinquennio (+1,3%), del personale di ruolo negli istituti professionali si registra in Friuli Venezia Giulia (+3,6%), in Sicilia (2,6%) e la Campania (+1,77%).

Condividi questo articolo: