L'Esperto

Contrattazione di Istituto

Premesso che la RSU farebbe bene a chiedere per iscritto al dirigente la norma precisa (legge, articolo, comma) che –secondo lui- eliminerebbe le bacheche, sulla materia esistono attualmente le norme riportate di seguito.
  1. L’art. 3 (Diritto di affissione) del CCNQ 7 agosto 1998 stabilisce che in ogni scuola la RSU e le organizzazioni sindacali di categoria rappresentative hanno diritto di affiggere, in appositi spazi che l’amministrazione ha l’obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutto il personale all’interno dell’unità operativa, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro”.
  2. Lo stesso art. 3 stabilisce anche che la RSU e le organizzazioni sindacali  possono utilizzare, ove disponibili, anche sistemi di informatica.
  3. E, per finire (visto che siamo in argomento) l’art. 4 del citato CCNQ obbliga le scuole a mettere a disposizione delle RSU un locale idoneo “per consentire l’esercizio delle loro attività”.
Risulta evidente che:
  • il dirigente ha l’obbligo di predisporre una bacheca per la RSU ed una bacheca per le organizzazioni sindacali rappresentative;
  • che la eventuale richiesta di un albo on-line spetta solo alla RSU ed alle organizzazioni sindacali e che il dirigente non ha alcun potere di intervento diretto sulla materia:
  • che il decreto sulla dematerializzazione può intervenire sui comportamenti dell’Amministrazione, ma non può certo stabilire le modalità con cui le  organizzazioni sindacali o le RSU devono comunicare con i propri iscritti o con il personale che rappresentano (albo on-line, materiale cartaceo, piccioni viaggiatori …).
La normativa sulle RSU riguarda tutti i comparti e per questo non si trova nei contratti di categoria, ma nei cosiddetti “Contratti Quadro” che vengono sottoscritti dall’ARAN e dalle Confederazioni. La materia del quesito è regolamentata dall’art. 10 dal Contratto Collettivo Nazionale Quadro del 7 agosto 1998 sull’utilizzo dei distacchi delle RSU, in cui si stabilisce (al comma 10) che le riunioni di contrattazione di istituto avvengono –normalmente- al di fuori dell’orario di lavoro. Quanto ai permessi, il comma 3 dello stesso articolo dispone che le RSU “possono fruire dei permessi retribuiti loro spettanti, oltre che per la partecipazione a trattative sindacali, anche per presenziare a convegni e congressi di natura sindacale”. Ne consegue che l’orario delle riunioni va concordato tra le parti e che la RSU può utilizzare i permessi per tutte le finalità stabilite dalla norma.
Il dubbio è legittimo. L’ARAN può certamente esprimere pareri sui testi dei contratti che sottoscrive a nome del Governo e rientra tra i suoi compiti offrire assistenza alle Amministrazioni che devono attuare i contratti stessi, ma i pareri e le interpretazioni dell’Agenzia –per quanto autorevoli- non sono vincolanti. Quando sorgono controversie interpretative su una norma contrattuale, SOLO LE PARTI FIRMATARIE  possono fornire una INTERPRETAZIONE AUTENTICA  (art. 2 del CCNL) che segue la stessa procedura dell’Accordo (compresa l’approvazione della Corte dei Conti) ed ha valore retroattivo fin dalla data di sottoscrizione del CCNL.
Come RSU abbiamo chiesto la pubblicazione dei nominativi e dei relativi compensi attribuiti al personale che ha svolto attività aggiuntive. Il dirigente sostiene che non è possibile, perchè deve rispettare la legge sulla privacy. Il fondo di istituto è costituito da risorse pubbliche ed il personale ha il diritto di sapere a chi, con quali criteri e in che misura sono state attribuite le risorse che costituiscono il salario accessorio, così come le RSU hanno il diritto di verificare la piena e corretta attuazione del contratto sottoscritto, tant’ è vero che la materia è oggetto di informazione successiva. I compensi aggiuntivi non rientrano tra i dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, adesione a partiti, sindacati, associazioni, stato di salute, vita sessuale delle persone) tutelati dalla legge 675/96 sulla privacy ed in base a questo principio il giudice del Lavoro del Tribunale di Cassino, su ricorso proposto dalla UIL Scuola di Frosinone, ha condannato per attività antisindacale un dirigente che si era rifiutato di pubblicare i dati richiesti dalla RSU e dal rappresentante sindacale (decreto del 9.3.2003)
Il CCNL stabilisce che le attività aggiuntive di insegnamento sono retribuite con euro 35 orarie. Abbiamo calcolato che tutte le iniziative previste nel POF della mia scuola comportano una spesa superiore all’importo del fondo. E’ possibile nel contratto di istituto portare il compenso a 25 euro per poter attuare tutte le attività deliberate? Il contratto di istituto non può modificare le norme del CCNL. Le attività del POF devono essere deliberate nel limite delle risorse disponibili. Se i soldi non bastano, il collegio dei docenti rivede il Piano, eliminando o riducendo alcune attività in modo che tutte le iniziative possano essere retribuite secondo le tabelle allegate al CCNL.
Nella mia scuola faremo un corso di teatro. Poiché non ci sono docenti in grado di insegnare “dizione” è possibile pagare con il fondo di istituto due attori di una compagnia teatrale? Il fondo di istituto è costituito da risorse contrattuali destinate esclusivamente al personale, per cui è da escludere la possibilità di retribuire persone estranee all’amministrazione. Nel caso in cui una scuola, per la realizzazione di specifici progetti, abbia bisogno di competenze particolari non reperibili tra il personale in servizio, gli articoli 35 e 57 (Collaborazioni plurime) del CCNL prevedono la possibilità di avvalersi delle competenze di docenti o di personale ATA in servizio in altre scuole del territorio. Esperti esterni al comparto possono comunque essere utilizzati e retribuiti con risorse diverse dal fondo di istituto, come –ad esempio- contributi volontari delle famiglie, fondi provenienti dal Comune, da enti pubblici o privati ……
Come si può evitare che il fondo di istituto venga attribuito sempre alle solite (poche) persone? E’ vero che il servizio pomeridiano in una sezione staccata lontana dalla sede centrale spetta per legge al collaboratore ultimo arrivato nella scuola? Ci sono almeno due possibilità: 1) definire un tetto massimo dei compensi aggiuntivi che si possono attribuire annualmente a ciascun dipendente; 2) stabilire il principio della rotazione, per cui un incarico viene assegnato un anno a un docente e l’anno successivo ad un altro. Analogamente si può fare per l’attribuzione degli incarichi più disagiati, tenendo conto della disponibilità e delle esigenze del personale, incentivando l’incarico stesso con le risorse dell’art. 47 del CCNL oppure con il sistema della rotazione, per cui nella sezione staccata si possono alternare per il turno pomeridiano più collaboratori nel corso dell’anno scolastico.
Un collega RSU propone di denunciare il preside per attività antisindacale. In che cosa consiste e come bisogna procedere? L’attività antisindacale si verifica quando il dirigente impedisce l'esercizio di un diritto stabilito dalla legge o dal contratto, o assume un comportamento teso a scoraggiare l'esercizio di un diritto. In questo caso, ed ogni volta che sorge una controversia con l’amministrazione, i lavoratori hanno due possibilità: 1) il ricorso all'organismo di conciliazione, in base alle norme contenute nel “Contratto Quadro in materia di conciliazione e arbitrato” sottoscritto dall’ARAN e dalle Confederazioni il 23-1-2001. 2) Il ricorso al giudice del lavoro, tramite una o più Organizzazioni sindacali territoriali. In entrambi i casi è opportuno che la RSU si rivolga preventivamente al sindacato, sia per valutare l’opportunità di avviare il contenzioso, sia per avere la consulenza necessaria e l’eventuale sostegno dell’ufficio legale.
Alla riunione finale per la firma del contratto, il dirigente ha convocato anche i rappresentanti dei sindacati firmatari del CCNL, ma uno di loro ha detto che doveva essere convocato a tutte le riunioni e che quindi la contrattazione non è valida. Dobbiamo ricominciare dall’inizio? I rappresentanti delle OOSS firmatarie del CCNL fanno parte della delegazione sindacale ed hanno diritto ad intervenire a tutti gli incontri. La contrattazione con le sole RSU è valida solo nel caso in cui sono siano stati convocati tutti i membri della delegazione che, per loro libera scelta, non sono intervenuti. Se invece non sono stati convocati, hanno subito la negazione di un loro diritto, per cui la contrattazione non è valida. Questo non vuol dire che bisogna ricominciare dall’inizio: basta dare al rappresentante sindacale il tempo necessario per conoscere il testo concordato, l’opportunità di presentare proposte di modifica o di integrazione e di valutare infine l’opportunità o meno di sottoscrivere il contratto.
Sono una RSU. Durante la contrattazione il dirigente spesso si fa sostituire da uno dei suoi collaboratori, affermando che lui ha solo l’obbligo di firmare il contratto. E’ vero? Se il dirigente si assenta per un lungo periodo, chi lo sostituisce nella contrattazione? L’art. 34 del CCNL in vigore stabilisce che il dirigente può delegare a docenti da lui individuati specifici compiti “di carattere organizzativo e amministrativo”, tra i quali non rientra la contrattazione, che costituisce una mansione esclusiva del dirigente. Tant’ è vero che le RSU e la contrattazione a livello di singola scuola sono state istituite solo dopo l’attribuzione della dirigenza ai capi di istituto. Se il dirigente si assenta per un lungo periodo, la Direzione scolastica regionale dovrà nominare un reggente o un sostituto autorizzato a condurre la trattativa.
Sono una RSU eletta in una scuola media. Il dirigente si presenta alle riunioni conclusive della contrattazione con un avvocato, presentandolo come suo consulente. Può farlo? Il CCNL non esclude che le delegazioni trattanti possano avvalersi di consulenti, e la nota dell’ARAN prot. 4260 del 27-5-2004 afferma che: “Se la complessità della materia lo richiede, nulla vieta all’Amministrazione di avvalersi di consulenti ed esperti esterni, che tuttavia non si possono sostituire alla delegazione di parte pubblica trattante nella conduzione del negoziato”. Ne consegue che il dirigente può portarsi in contrattazione i propri esperti, ma a due condizioni: il consulente deve limitarsi a fornire i pareri che gli vengono richiesti; non interviene direttamente nella trattativa, e tanto meno può sostituire il dirigente; l’utilizzo del consulente non può comportare alcuna spesa da parte dell’amministrazione (e tanto meno a carico delle risorse contrattuali, destinate esclusivamente al personale della scuola), per cui gli eventuali compensi sono esclusivamente a carico del dirigente.
Ad ogni riunione per la contrattazione di istituto sorge la questione del verbale, che nessuno vuole fare. Un incontro senza verbale è valido? Gli unici verbali obbligatori sono quelli che riguardano la riunione finale per la sottoscrizione del contratto e gli accordi di interpretazione autentica. Per tutti gli altri incontri, le parti possono decidere come meglio credono.

Corsi di Recupero per Debiti Formativi

Mia figlia, iscritta ad un liceo di Milano, ha avuto la sospensione del giudizio e deve recuperare due debiti formativi. La scuola mi ha comunicato che i corsi di recupero e la valutazione finale si svolgeranno tra la fine di agosto ed i primi giorni di settembre. Poiché a luglio mi trasferirò definitivamente con tutta la famiglia in Sicilia, chiedo se è obbligatoria la frequenza del corso e se mia figlia può saldare il debito formativo in una scuola vicina alla nuova residenza, evitando di tornare a Milano. La frequenza del corso di recupero non è obbligatoria per gli alunni, per cui la famiglia può comunicare alla scuola che rinuncia al corso stesso e che provvederà con i propri mezzi al recupero del debito. E’ invece obbligatoria la presenza dello studente per la valutazione finale, che può essere effettuata solo dal consiglio di classe che ha sospeso il giudizio.
Ho saputo che i docenti di un liceo hanno svolto i corsi di recupero senza avere alcun compenso. Come è possibile? Se vengono svolti oltre l’orario settimanale di insegnamento, gli interventi di recupero costituiscono attività aggiuntive, sono volontarie e vengono retribuite con il compenso orario di 50 euro a carico del fondo di istituto. Se invece sono svolti durante l’orario settimanale di insegnamento, rientrano nella “normale” attività didattica che non dà diritto alla retribuzione aggiuntiva.
Le scuole hanno l'obbligo di organizzare corsi di recupero e, in caso di indisponibilità deipropri docenti, possono utilizzare altropersonale individuarto dal dirigente con i criteri diq ualità stabilita daal Collegio dei docenti e precisamente: - docenti in servizio in altri istituti statali (art.35 del CCNL) che vengono retribuiti con il compenso orario di 50 euro a carico del fondo di istituto; - soggetti esterni al comparto, con cui la scuola sottoscrive un contratto di prestazione d'opera (art. 40 del decreto interministeriale n. 44 del 1.2.2011) che vengono retribuiti con risorse diverse dal fondo di istituto. Un supplente può essere retribuito con il fondo solo se svolge i corsi nell'ambito della durata del rapporto di lavoro. C'è da notare, infine - ce se i corsi di recupero vengono organizzati durante il normale orario settimanale di lezione, sono obbligatori per i docenti.
Le scuole hanno l'obbligo di organizzare corsi di recupero e, in caso di indisponibilità deipropri docenti, possono utilizzare altropersonale individuarto dal dirigente con i criteri diq ualità stabilita daal Collegio dei docenti e precisamente: - docenti in servizio in altri istituti statali (art.35 del CCNL) che vengono retribuiti con il compenso orario di 50 euro a carico del fondo di istituto; - soggetti esterni al comparto, con cui la scuola sottoscrive un contratto di prestazione d'opera (art. 40 del decreto interministeriale n. 44 del 1.2.2011) che vengono retribuiti con risorse diverse dal fondo di istituto. Un supplente può essere retribuito con il fondo solo se svolge i corsi nell'ambito della durata del rapporto di lavoro. C'è da notare, infine - ce se i corsi di recupero vengono organizzati durante il normale orario settimanale di lezione, sono obbligatori per i docenti.
Il collegio dei docenti di una scuola media superiore ha deliberato nel POF una serie di iniziative per gli alunni con debiti formativi che ha comportato – nel contratto di istituto - l’utilizzo di gran parte del fondo. I revisori dei conti hanno osservato che ai corsi di recupero può essere destinata solo la quota derivante dagli ex IDEI (euro 857 x n° docenti in organico di diritto). Bisogna modificare il contratto di istituto? Il contratto di istituto NON deve essere modificato, per due motivi: 1. perché i revisori dei conti (i cui compiti sono definiti nell’art. 6, c. 6 del CCNL) controllano la compatibilità dei costi e la regolarità amministrativa e contabile degli atti, ma non possono intervenire né sulle scelte didattiche (che sono di esclusiva competenza del collegio dei docenti che delibera il POF), né sulle scelte contrattuali, che spettano solo al dirigente ed alla delegazione sindacale; 2. perché le risorse per gli ex IDEI (Interventi Didattici Educativi Integrativi, istituiti con la legge 352/1995 che ha abolito gli esami di riparazione nella media superiore) sono state contrattualizzate fin dal 1999 ed inserite nel fondo di istituto destinato alle scuole medie superiori; l’art. 88 del CCNL in vigore –che definisce le indennità ed i compensi a carico del fondo- non specifica alcuna delimitazione nel senso indicato dai revisori, per cui l’utilizzo del fondo viene deciso dalla contrattazione di istituto per la realizzazione del POF.
Nell’istituto superiore dove insegno gli alunni con debiti formativi sono tanti e le risorse per attuare i corsi sono insufficienti, anche perché il Piano dell’offerta formativa prevede due progetti che hanno un costo elevato. Qualche collega vorrebbe proporre al dirigente di chiedere un contributo alle famiglie. Io ho qualche dubbio e vorrei avere le idee chiare prima di avanzare la richiesta. La scuola ha l’obbligo di attuare i corsi per il recupero dei debiti formativi che costituiscono un obiettivo primario e devono essere gratuiti per gli alunni. E’ quindi da escludere la possibilità di chiedere contributi alle famiglie. Se si ritiene che le risorse siano insufficienti rispetto alle esigenze complessive, ci sono almeno due possibili soluzioni al problema: prima di tutto si possono destinare ai corsi di recupero maggiori risorse del fondo di istituto, eliminando o riducendo il finanziamento di attività meno importanti (compresi i “due progetti che hanno un costo elevato”); è sempre possibile svolgere almeno in parte le attività di recupero – senza costi aggiuntivi - durante il normale orario di insegnamento.
Agli istituti secondari di secondo grado viene attribuito ogni anno un fondo di istituto più consistente di quello spettante alle altre scuole perché continuano a percepire i finanziamenti per l’attuazione degli Interventi Didattici Educativi Integrativi (IDEI) introdotti dalla Legge 352/1995 (Abolizione  degli  esami di riparazione  ed  attivazione  dei  relativi interventi di sostegno e di recupero). Con l’art. 26, c. 2 della Legge 448/1998 (Finanziaria 1999) i finanziamenti per gli IDEI sono confluiti nel fondo per il miglioramento dell’offerta formativa ed il successivo Contratto Decentrato Nazionale del 2 marzo 1999 ha stabilito (art.2, c.5) testualmente “le risorse che risultino eventualmente eccedenti rispetto alle necessità afferenti gli IDEI vanno ad integrare la dotazione finanziaria del fondo di istituto delle scuole di istruzione secondaria di secondo grado”. Risulta quindi evidente che i finanziamenti in questione sono confluiti nel fondo di istituto delle scuole superiori senza una specifica ed esclusiva destinazione, per cui –nel rispetto dell’autonomia didattica delle singole scuole e nel quadro dell’ampliamento e della qualificazione dell’offerta formativa- possono essere utilizzati: • sia per retribuire le ore aggiuntive prestate dai docenti per l’attuazione dei corsi di recupero per gli alunni con debito formativo; • sia per liquidare le altre indennità e compensi a carico del fondo, definiti nell’art. 88 del CCNL. A conferma di quanto sopra esposto, aggiungiamo due ulteriori considerazioni: 1. l’art. 85 del CCNL (che definisce i parametri per il calcolo del fondo) si limita a dire che gli istituti secondari di secondo grado hanno risorse aggiuntive -rispetto alle altre scuole- in base al numero di docenti in organico di diritto, senza specificare che di tali risorse deve essere fatto un uso particolare; 2. le risorse che il CCNL destina esclusivamente a determinati scopi non vengono inserite nel fondo di istituto, ma sono oggetto di  articoli specifici, da cui si evince chiaramente che non possono essere utilizzate diversamente; così avviene infatti per i finanziamenti attribuiti per i progetti relativi alle aree a rischio (art. 9); per le funzioni strumentali (art. 33); per i compiti del personale ATA (art. 47); per le attività complementari di educazione fisica (art. 87).

Ferie, permessi, assenze

Nel 1980 mi sono sposato ed ho fruito dei 15 giorni di congedo matrimoniale. Nel 2000 ho divorziato ed ora sto per risposarmi. Il dirigente dice che il congedo per matrimonio non mi spetta, perchè ne ho già usufruito. A nostro avviso l’art. 15 del CCNL non esclude la possibilità di fruire del congedo più di una volta, in quanto i quindici giorni spettano “in occasione del matrimonio” senza precisare se è un diritto che spetta una sola volta. Poichè il divorzio e la possibilità di risposarsi è prevista dalla legge, a nostro avviso il congedo può essere attribuito anche in occasione di un secondo matrimonio.
Soffro di una grave forma di ulcera e periodicamente devo seguire delle cure. Posso fare rientrare le assenze nelle gravi patologie? Le “gravi patologie” (art. 17, comma 9) sono quelle che “richiedono terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti”. La norma, volutamente generica, non definisce le malattie sia perché le parti firmatarie del contratto non hanno competenze mediche, sia perché un eventuale elenco avrebbe escluso tutte quelle non citate nell’elenco stesso, anche a causa di una semplice dimenticanza. Spetta al Servizio sanitario nazionale certificare se la malattia del dipendente rientra nelle “gravi patologie”. La norma è stata inserita per evitare che le degenze, le terapie e le conseguenze certificate delle terapie invalidanti possano determinare pesanti trattenute sullo stipendio fino a provocare il licenziamento del dipendente.
In congedo per malattia fino a giovedì, sono rientrato a scuola il lunedì successivo, poiché venerdì è il mio giorno libero e sabato la scuola è chiusa. Devo giustificare le giornate di assenza da venerdì a domenica? Terminato il congedo stabilito nel certificato medico, il docente è considerato a disposizione della scuola per assolvere gli obblighi di servizio definiti nel CCNL. Se tali obblighi non sono previsti per le giornate di venerdì e sabato, è legittimo che il docente rientri in classe lunedì e che le giornate di venerdì, sabato e domenica vengano considerate come servizio a tutti gli effetti.
Sono collaboratore scolastico in un istituto che svolge l’attività su 5 giorni alla settimana. Fino allo scorso anno ho avuto 32 giorni di ferie, ma il nuovo DSGA sostiene che me ne spettano 27, perché l’art. 13, c. 5 stabilisce che per il personale ATA in servizio per 5 giorni alla settimana, ogni giornata di ferie viene calcolata per 1,2. Il calcolo di una giornata di ferie per 1,2 avviene solo nel caso in cui il dipendente ATA fruisca di un periodo di ferie inferiore alla settimana. Se –per esempio- un collaboratore scolastico fruisce nel corso dell’anno di 5 giorni di ferie, occorre calcolare 5 x 1,2 = 6 e sottrarre il risultato (6) al numero dei giorni di ferie spettanti che, se sono 32, si riducono a 26. Ma se il collaboratore fruisce le ferie per periodi non inferiori alla settimana, ha diritto a complessivi 32 giorni all’anno, senza alcuna detrazione.
Questo anno ho ottenuto le 150 ore di permesso per il diritto allo studio. Il dirigente mi ha chiesto la certificazione di tutte le assenze e mi trovo in difficoltà, perchè qualche volta non ho frequentato il corso a cui sono iscritta. Dove trovo la normativa sulla materia? A che cosa posso andare incontro se non giustifico tutte le assenze? La normativa generale sui permessi per il diritto allo studio è contenuta nell’ art. 3 del DPR 395/1988, richiamato nell’art. 146, lettera g/ 1 del CCNL in vigore. I criteri per la fruizione sono definiti in sede di contrattazione regionale con cadenza quadriennale (art. 4, comma 4, lettera “a”). A meno che il Contratto regionale non stabilisca diversamente, il citato art. 3 del DPR 395/1968 dispone che il personale è tenuto a presentare la certificazione attestante l’iscrizione ai corsi o alle scuole, la frequenza e la partecipazione agli esami finali. In mancanza di tali certificazioni, i permessi già utilizzati sono considerati come aspettativa per motivi personali (comma 6).
Mi sono iscritta ad una Associazione di volontariato e tra un mese sarò impegnata per 5 giorni in una iniziativa a favore di un gruppo di anziani. E’ vero che per assentarmi dal lavoro posso chiedere solo l’aspettativa (con la conseguente perdita dello stipendio)? L’art. 15 del CCNL (Permessi retribuiti) stabilisce che il personale della scuola “ha diritto, inoltre, ad altri permessi retribuiti previsti da specifiche disposizioni di legge”. Sul volontariato possiamo fare riferimento a due leggi, in base alle quali i permessi retribuiti sono previsti solo per le attività di protezione civile. Negli altri casi si può chiedere la flessibilità dell’orario di lavoro o delle turnazioni, oppure l’aspettativa senza assegni. In particolare: 1. l’art. 17 della legge 266/1991 attribuisce ai lavoratori che facciano parte di organizzazioni iscritte nei registri di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome la possibilità di espletare l'attività di volontariato con il diritto di fruire delle forme dì flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti e dagli accordi collettivi; 2. il DPR 194/2001 consente ai volontari operanti nelle organizzazioni della protezione civile di assentarsi dal lavoro per l'espletamento delle attività di soccorso e di assistenza in occasione di calamità naturali o catastrofi. I volontari che partecipano all'opera di soccorso hanno diritto al mantenimento del posto di lavoro e del trattamento economico e previdenziale da parte del datore di lavoro. L’onere della retribuzione è a carico del fondo per la protezione civile per cui il datore di lavoro deve avanzare richiesta di rimborso all’Autorità della Protezione civile competente. L’assenza può essere protratta per un periodo non superiore a 30 gg. consecutivi e fino a 90 gg. nell'anno; nel caso di stato di emergenza nazionale i termini sono rispettivamente di 60 e 180 giorni.
Vorrei prendere l’anno sabbatico, ma non conosco i riferimenti legislativi. La richiesta è soggetta alla valutazione del dirigente? L’ art. 26, comma 14 della legge 448/1998 stabilisce che “I docenti e i dirigenti scolastici che hanno superato il periodo di prova possono usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita della durata massima di un anno scolastico ogni dieci anni. Per i detti periodi i docenti e i dirigenti possono provvedere a loro spese alla copertura degli oneri previdenziali”. La Nota dell’Ufficio Legislativo del Ministero, prot. 7574 del 6 marzo 2000, chiarisce che: i dipendenti non sono tenuti ad enunciare i motivi della richiesta e pertanto la fruizione del periodo di assenza in parola è sottratta all’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione; l’aspettativa in questione non può essere frazionata in più periodi inferiori all’anno scolastico; pertanto la fruizione di un periodo di aspettativa inferiore all’anno scolastico esaurisce, nell’arco del decennio in considerazione, la possibilità di richiedere -allo stesso titolo- ulteriori periodi di assenza.
L’art. 42, commi 5, 5 bis e 5 ter, del D.L.vo 151/2001 stabilisce che il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità ha diritto a fruire di un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni nell’arco della vita lavorativa. Il congedo può essere fruito anche dal personale della scuola in base a due articoli del nostro CCNL: 1. l’art. 12 (Congedi parentali), che dispone l’applicazione nel comparto del D.L.vo 151/2001; 2. l’art. 15 (Permessi retribuiti), in cui si stabilisce (al comma 7) che “il dipendente ha diritto ad altri permessi retribuiti previsti da specifiche disposizioni di legge”. Il congedo (che comporta il diritto a percepire una indennità corrispondente all'ultima retribuzione) è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno; in caso contrario è necessaria una specifica richiesta medica.

Fondo di istituto, compensi per incarichi e attività aggiuntive

Potete inviarmi l’elenco completo delle risorse che arrivano ogni anno al fondo di istituto e la loro destinazione? Il fondo di istituto è alimentato ogni anno da tutti i finanziamenti destinati a retribuire le attività aggiuntive del personale della scuola e precisamente: risorse assegnate in base al numero dei punti di erogazione del servizio ed alle consistenze organiche dei docenti e del personale ATA (art. 85), destinate a retribuire le attività elencate nell’art. 88 del CCNL; risorse per l’attuazione di progetti nelle aree a rischio, attribuite in base alla contrattazione regionale (art. 9); risorse per le funzioni strumentali (art. 33); risorse per gli incarichi e i compiti particolari assegnati al personale ATA (art. 47); risorse derivanti da leggi (ad esempio la 440/1997 a sostegno dell’autonomia scolastica); eventuali finanziamenti provenienti da Enti locali, dall’Unione Europea, da soggetti pubblici e privati. Vanno inoltre calcolate le risorse del fondo non utilizzate nell’anno scolastico precedente. Le risorse di provenienza contrattuale sono disponibili sin dall’inizio dell’anno scolastico.
Il Consiglio di istituto della scuola di mia figlia ha deliberato un contributo di euro 25,00 per “fotocopie, potenziamento audiovisivi, miglioramento infrastrutture e suppellettili”, ed un altro contributo di euro 35,00 “per il progetto lingue 2000, non più finanziato dal Ministero”. Tali contributi sono obbligatori? Oltre alle tasse scolastiche previste per legge (che riguardano l’iscrizione, la frequenza, l’esame ed il diploma) le famiglie non hanno alcun obbligo di versare ulteriori contributi. Le scuole possono proporre versamenti volontari per le spese di funzionamento, laboratorio, biblioteca o per attività extracurricolari, il cui mancato pagamento non limita né condiziona i diritti dello studente relativi all’iscrizione, alla frequenza ed agli esami.
Ho una cattedra di 18 ore settimanali, ma in effetti ne faccio 22, perchè nel mio orario ci sono 4 ore di buco. Posso chiedere per queste 4 ore un compenso aggiuntivo? Se durante le cosiddette "ore di buco" il docente non svolge alcuna attività utile per la scuola, non ci sono i presupposti per la retribuzione aggiuntiva. Diverso è il caso del docente che, nell'ambito del POF o di altre attività deliberate dal Collegio, utilizza le ore di buco per svolgere -su incarico del Collegio- attività di documentazione, studio o ricerca di interesse collettivo da mettere a disposizione dei colleghi: in questo caso è legittimo attribuire un compenso, da definire (anche in misura forfettaria) in contrattazione di istituto.
Le attività aggiuntive (art. 30 del CCNL) costituiscono una opportunità che hanno i singoli docenti di prestare la loro opera oltre l’orario obbligatorio di lavoro, ricevendo uno specifico compenso –orario o forfettario- in aggiunta allo stipendio fisso mensile. Si tratta dunque di un diritto individuale (come lo sciopero) che non può essere messo in discussione da un organo collegiale che decide a maggioranza se sospenderlo, vietarlo o renderlo obbligatorio. Il collegio dei docenti ha competenze esclusive in campo didattico; può certamente discutere ed esprimere valutazioni, pareri ed auspici anche su altre materie, ma non può decidere su questioni che attengono la libertà dei singoli lavoratori. In conclusione: la decisione del collegio non impegna in alcun modo i dipendenti dell’istituto che decidono autonomamente e singolarmente se aderire o meno alle iniziative di protesta sindacale.

Orario e obblighi di lavoro

Sono un collaboratore scolastico con contratto a tempo indeterminato. Avendo vinto un concorso in un’altra amministrazione, ho intenzione di dimettermi non appena sarò assunto. Devo rispettare i termini di preavviso stabiliti nell’art. 23 del CCNL? L’art. 23 del CCNL stabilisce che i termini di preavviso vanno applicati “in tutti i casi in cui il presente contratto prevede la risoluzione del rapporto con preavviso o con corresponsione dell’indennità sostitutiva dello stesso”. Poichè l’unico caso previsto dal CCNL del personale della scuola riguarda la risoluzione del rapporto da parte dell’Amministrazione nei confronti del dipendente dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro (art. 17, c. 4), risulta evidente che l’art. 23 non si applica in caso di dimissioni volontarie.
Nel prossimo mese di giugno la mia scuola rimarrà chiusa per 4 giorni perché sede di seggio elettorale. Il dirigente ha comunicato in una circolare che tutto il personale dovrà essere presente nella succursale per svolgere l’orario che avrebbe dovuto osservare nei giorni di chiusura. C’è la possibilità di contestare questa decisione? Poiché  - a nostro avviso - le disposizioni del dirigente non trovano alcun riscontro normativo, precisiamo che: 1. nelle sedi individuate come seggio elettorale, il servizio scolastico è interrotto; 2. il personale è –di norma - dispensato dagli impegni abituali fino alla ripresa delle normali attività, salvo gli impegni già programmati e deliberati dagli organi competenti (come, ad esempio, le riunioni del Collegio dei docenti o dei consigli di classe). Ribadiamo infine che di fronte a disposizioni ritenute illegittime, il personale (ai sensi dell’art. 146, comma 1, lettera g/2 del CCNL) ha il diritto di chiedere un ordine di servizio scritto che –una volta eseguito- potrà essere contestato nelle sedi competenti. Nota bene. L’art. 146 del CCNL sopra citato dispone che -nel comparto scuola- trova applicazione l’art. 17 del DPR n° 3/1957 (Limiti al dovere verso il superiore), che riportiamo integralmente: “L'impiegato, al quale, dal proprio superiore, venga impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza allo stesso superiore, dichiarandone le ragioni. Se l'ordine è rinnovato per iscritto, l'impiegato ha il dovere di darvi esecuzione. L'impiegato non deve comunque eseguire l'ordine del superiore quando l'atto sia vietato dalla legge penale”.
Il venerdì ho lezione dalle 11,30 alle 13,30. Più di una volta - per l’assenza di un collega - sono stata costretta a rinviare importanti impegni personali per anticipare le mie ore anche alle 8,30. E’ possibile modificare l’orario settimanale delle lezioni deliberato dal collegio dei docenti? In quale articolo del contratto è previsto? L’orario settimanale delle lezioni è solo un modo razionale per organizzare le attività di insegnamento dei docenti nelle classi in cui prestano servizio e deve tener conto della necessità di alternare in maniera equilibrata le varie materie, senza trascurare –nei limiti del possibile- le esigenze personali dei docenti. Una volta approvato dal collegio, l’orario settimanale diventa definitivo per tutto l’anno scolastico, ma non acquisisce l’immutabilità di una legge e può essere modificato ogni volta che le necessità della scuola lo richiedano. Se si assenta il docente impegnato alla prima ora ed è impossibile sostituirlo, è dovere del dirigente organizzare il servizio con il personale a disposizione, che è obbligato a svolgere le lezioni previsti per quel giorno anche in orario diverso da quello abituale. E’ la stesso principio espressamente stabilito dalla normativa da seguire in caso di sciopero (Allegato al CCNL 26.5-1999): ”Il giorno dello sciopero il dirigente può convocare alla prima ora il personale non scioperante in servizio in quel giorno ed organizzare le attività nel rispetto del numero di ore previsto per ogni singolo docente nelle classi di sua competenza”.
E’ vero (come sostiene il vicepreside della mia scuola) che i docenti – escluso il mese di ferie - sono sempre obbligati a svolgere l’orario obbligatorio e non possono rifiutare gli incarichi assegnati dal dirigente, compreso il riordino della biblioteca? Escluso il mese di ferie, i docenti sono a disposizione della scuola per svolgere i compiti stabiliti dal CCNL, che distingue chiaramente tre tipi di attività: 1. le attività obbligatorie di insegnamento (art. 28); 2. le attività obbligatorie funzionali all’insegnamento (art. 29); 3. le attività aggiuntive facoltative (art. 30). I tre tipi di impegni non vanno né confusi né compensati tra di loro. Poichè le attività di insegnamento (25, o 22+2 o 18 ore) si svolgono esclusivamente in presenza degli alunni, ne consegue che nei periodi di interruzione delle attività didattiche i docenti possono essere impegnati solo: A) Nelle attività collegiali obbligatorie definite nell’art. 29, che consistono in: - consigli di classe, per un impegno complessivo annuo non superiore, di norma, alle 40 ore annue; - scrutini ed esami, compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione; - riunioni del Collegio dei docenti, attività di programmazione, verifica e informazione alle famiglie, fino a un massimo di 40 ore annue, con l’avvertenza che le ore eccedenti vanno retribuite con il fondo di istituto (art. 88, c. 2, lettera “d”). B) Nelle attività aggiuntive (da svolgere su base volontaria) previste nel POF o deliberate dal Collegio dei docenti, che danno diritto al compenso orario o forfettario o in attività di aggiornamento, anche queste da svolgere su base volontaria, essendo un diritto del dipendente (art. 64, c. 1).
Il Decreto interministeriale 24 maggio 2007, che ha fissato il compenso omnicomprensivo al presidente ed ai commissari, doveva riferirsi al solo a. s. 2006-2007; a partire dall’a. s. successivo, i compensi avrebbero dovuto essere stabiliti in sede contrattuale. Quando il problema è stato affrontato, il Governo ha comunicato alle Organizzazioni sindacali l’indisponibilità di ulteriori risorse, per cui non è stato possibile neanche avviare la contrattazione sulla materia. I compensi (anche a causa del successivo blocco dei  contratti del pubblico impiego) sono quindi rimasti nelle competenze del Ministero, che non ha più modificato il decreto del 2007.
Le attività obbligatorie del personale docente sono chiaramente definite nel CCNL agli articoli 28 (Attività di insegnamento) e 29 (Attività funzionali all’insegnamento), e consistono in: 1. orario settimanale di insegnamento (25 ore nella scuola dell’infanzia; 22 + 2 di programmazione nella scuola elementare; 18 nella scuola secondaria); 2. adempimenti individuali (preparazione delle lezioni e delle esercitazioni; correzione degli elaborati; rapporti individuali con le famiglie); 3. attività di carattere collegiale (partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti e informazione alle famiglie sui risultati degli scrutini, fino a 40 ore annue; partecipazione ai consigli di classe secondo una programmazione che preveda un impegno fino a 40 ore annue; svolgimento degli scrutini e degli esami compresa la compilazione degli atti relativi alla valutazione); 4. accoglienza e vigilanza degli alunni (presenza in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e assistenza all’uscita). All’infuori degli impegni sopra elencati, il personale docente non ha alcun obbligo, per cui una convocazione per firmare la ripresa del servizio non è prevista da nessuna parte, così come non è legittimo convocare i docenti a scuola nei periodi di interruzione delle attività didattiche (a meno che non siano programmate attività funzionali all’insegnamento o attività aggiuntive volontarie). Nel caso specifico, la convocazione sarebbe legittima se il primo giorno di scuola fosse convocato (per esempio) il Collegio dei docenti.
Il cosiddetto “giorno libero” non è un diritto, ma una consuetudine che deriva  dall’art. 28, comma 5 del CCNL in cui è stabilito che le ore settimanali obbligatorie di insegnamento devono essere distribuite “in non meno di cinque giornate settimanali”. Non è quindi né un giorno festivo, né un giorno di ferie, ma solo un giorno in cui un docente non ha ore di insegnamento da svolgere. Resta però in vigore l’obbligo di svolgere tutte le altre attività stabilite nell’art. 29 del CCNL (attività funzionali all’insegnamento): consiglio di istituto, consigli di classe, scrutini, esami e rapporti con le famiglie. Il “giorno libero” è pertanto una giornata di effettivo servizio, che come tale viene retribuita e riconosciuta a tutti gli effetti, compreso il periodo di prova.
In effetti, la richiesta di cambiare orario sembra quanto meno discutibile anche perché -seguendo lo stesso criterio- sarebbe stato opportuno allertare anche i vigili del fuoco e la protezione civile, per scongiurare i pericoli di una catastrofe naturale nel periodo degli scrutini. Comunque sia, il nostro CCNL stabilisce che quando un dipendente riceve dal proprio superiore un ordine che ritiene illegittimo, può ricorrere all’art. 146, G/2 del CCNL (Limiti al dovere verso il superiore) in base al quale:
  1. espone per iscritto le proprie rimostranze e dichiara che eseguirà quanto gli è stato chiesto solo con un ordine di servizio scritto;
  2. se riceve l'ordine di servizio scritto, ha il dovere di darvi esecuzione;
  3. una volta eseguito l’ordine, possiede tutti gli elementi per prendere le iniziative (anche giudiziarie) che ritiene opportune per salvaguardare i propri diritti (meglio con l’assistenza del sindacato).
E’ evidente che se tutto avviene per via orale, il consenso del dipendente appare scontato e sarà molto difficile dimostrare che è stato obbligato ad eseguire un ordine ritenuto illegittimo.
Il diritto al riposo festivo settimanale è sancito dall’art. 146, c. 1. lettera “f” del CCNL in vigore, che richiama l’art. 2109, c. 1 del Codice Civile. L’accompagnamento alle gite non rientra tra le attività obbligatorie del personale docente, definite negli articoli 28 e 29 del CCNL; sono quindi attività aggiuntive, che si svolgono solo con la presenza di personale disponibile. Ne consegue che le gite possono essere inserite nel POF solo se c’è la preventiva disponibilità di un sufficiente numero di docenti accompagnatori. Sono stati aboliti i compensi relativi alla trasferta, ma nulla vieta di stabilire un compenso a carico del fondo di istituto, utilizzando l’art. 88, c. 2. lettera “k” del CCNL, che consente di retribuire “ogni altra attività deliberata dal Consiglio di istituto”.

Personale a part-time

Insegno con contratto a part-time in un liceo classico. Questo anno il Collegio dei docenti ha deciso di attuare un corso di sostegno di 30 ore per i ragazzi in difficoltà con il greco. Io vorrei farlo, ma mi dicono che con il rapporto di lavoro a tempo parziale non posso svolgere attività aggiuntive. E’ vero? L’art. 39 del CCNL stabilisce, al comma 8, che “il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale è escluso dalle attività aggiuntive di insegnamento aventi carattere continuativo”. Poiché il corso di sostegno è limitato a 30 ore e non ha carattere continuativo, può essere assegnato anche al docente con contratto di lavoro a tempo parziale.
1) Il rapporto di lavoro a tempo parziale del personale docente, regolamentato dall’art. 39 del CCNL e dall’OM 446/1997, non viene costituito solo sulla base delle esigenze del docente che ne fa richiesta, ma “deve tener conto delle particolari esigenze di ciascun grado di istruzione anche in relazione alle singole classi di concorso a cattedra ….” e delle altre condizioni stabilite all’art. 39, c. 3 del CCNL. 2) L’interlocutore è comunque il dirigente scolastico che “provvede ad individuare, sentito il collegio dei docenti, le modalità più opportune di assegnazione su cattedre e posti compatibili con la riduzione di orario”, in quanto “la fruizione del part-time deve essere funzionalmente raccordata alla scindibilità del monte orario di ciascun insegnamento della classe di concorso stessa” (OM 446/1997, art. 7). In conclusione. Le esigenze del docente sono sicuramente legittime, ma potranno essere accolte solo se non contrastano con le esigenze delle scuola e degli alunni, per cui occorre esaminare le richieste caso per caso, tenendo conto anche delle materie di insegnamento di pertinenza del docente interessato.

Personale supplente

A quanti giorni di ferie ha diritto un supplente che ha prestato servizio dal 9 al 26 febbraio, dal 10 al 30 marzo e dal 12 maggio al 23 giugno? E’ esatto riconoscergli 10 giorni di ferie, calcolando 4 (mesi di servizio) x 2,5 (giorni di ferie spettanti per ogni mese di servizio)? Il calcolo effettuato moltiplicando ogni mese di supplenza per 2,5 risale a vecchie circolari del Ministero e non è previsto dal CCNL, che stabilisce invece che “Le ferie del personale assunto a tempo determinato sono proporzionali al servizio prestato” (art. 19, c. 2). Questo vuol dire che l’unica formula per calcolare le ferie è la seguente: 365 : 30 = n° dei giorni di servizio : x Nel caso specifico il lavoratore, avendo prestato servizio per 82 giorni, ha diritto a 7 giorni di ferie (x = 30 per 82 diviso 365).
Lei considera il mercoledì come se fosse il “giorno libero”, senza però tener conto che il giorno libero –per essere retribuito- deve ricadere “nel periodo di durata del rapporto di lavoro”, esattamente come stabilisce l’art. 40 del CCNL in vigore. Se mercoledì  non ha avuto alcuna nomina, come fa a chiedere il pagamento di quel giorno? Inoltre, l’art. 40 del CCNL non stabilisce il pagamento dell’intera settimana, ma dice che al supplente che ha completato l’orario di insegnamento settimanale spetta anche il pagamento della domenica, nel caso in cui tale giorno non rientri nel periodo della nomina. In conclusione, in base al servizio prestato, Lei ha diritto al pagamento della domenica, ai sensi dell’art. 40 del CCNL e dell’art. 2109 del Codice civile (“Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana di regola in coincidenza con la domenica”). Non ha invece diritto al pagamento del mercoledì, in quanto in tale giornata non ha avuto alcun rapporto di lavoro con la scuola.

Visite fiscali

Vivo da solo e da due giorni sono assente da scuola per malattia. In attesa della visita fiscale, come faccio ad andare dal medico, o in farmacia o a fare la spesa potendo utilizzare l’unica “ora d’aria” (dalle 13 alle 14) concessa dal ministro Brunetta ai pubblici dipendenti? La possibilità di uscire di casa -per giustificati motivi- durante le fasce orarie di reperibilità continua ad essere garantita dall’art. 17, comma 16 del CCNL del comparto scuola in vigore: “Qualora il dipendente debba allontanarsi, durante le fasce di reperibilità, dall'indirizzo comunicato per visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, che devono essere, a richiesta, documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all'amministrazione con l'indicazione della diversa fascia oraria di reperibilità da osservare”.