Mobilità: servono scelte coraggiose e lungimiranti

La mobilità interregionale dei dirigenti scolastici, che quest’anno si connota di aspettative più intense di preoccupazioni e di ansie per coloro che nell’ultima tornata concorsuale hanno preso servizio in regioni diverse dalle proprie, con una prospettiva triennale di permanenza, oggi, per l’emergenza da coronavirus, assume i toni e il valore di una condanna all’esilio, per le difficoltà connesse allo spostamento da regione a regione.

Ci si aspettava, da una politica attenta alle esigenze delle persone e delle loro famiglie, una riflessione ed una conseguente risoluzione normativa, che considerasse il diritto di tutti e di ciascuno, tanto più in un momento così critico, di riconnettersi agli affetti familiari e sociali, avendo già dato in questo anno scolastico chiaro segnale di dedizione al proprio ruolo, non abbandonando il campo e spendendosi per la buona riuscita della didattica a distanza e della permanenza del servizio scolastico.

Al tavolo ministeriale con il capo dipartimento dott. Marco Bruschi, nei 2 incontri, la Uil Scuola ha espressamente   proposto una intesa, uno strumento pattizio che consente di  derogare  ai  vincoli contrattuali (obbligo triennale di permanenza nella regione, limite fissato al 30% per la mobilità interregionale ), trovando una soluzione alle aspettative di tanti dirigenti scolastici fuori sede, alcuni dei quali da più di sei anni.

Alla nostra richiesta l’Amministrazione risponde reiterando la vecchia circolare dell’anno scolastico 2019/20, dimostrando ciò che non è accettabile, cioè di voler gestire una situazione del tutto nuova e imprevista con vecchie regole inadeguate.

L’Amministrazione si sottrae al confronto adducendo una motivazione non adeguata alle necessità di oggi, del tutto anomale, che devono essere risolte con logiche nuove e non rifugiandosi nel comodo principio della continuità della dirigenza, tanto sbandierato, quanto altrettanto disatteso sia a livello centrale che periferico da parte dell’Amministrazione scolastica.

L’altra motivazione, poi, di voler evitare un esodo dei dirigenti scolastici dal Nord al Sud è di tutta evidenza irreale, perché i posti disponibili nelle regioni del meridione, da dove proviene la maggior parte dei dirigenti scolastici, sono molto limitati, per cui l’esodo è solo una scusante per non voler affrontare il problema.

Situazione un po’ diversa sarebbe se la politica assumesse dirigenti titolari su tutti i posti disponibili, anche sulle scuole sottodimensionate, che in tempo di emergenza sanitaria sarebbe  non solo auspicabile ma addirittura irrinunciabile in considerazione della complessità organizzativa derivante dall’applicazione delle misure anti contagio.

Il Ministero invece, rispondendo a vincoli di natura economica, sceglie di coprire quei posti con le reggenze  proseguendo nella politica dei tagli, con piani di dimensionamento che dovrebbero  essere  congelati, con la creazione  di istituzioni scolastiche elefantiache.

In questo momento la scuola, su cui da sempre si sono fatti tagli e non investimenti, avrebbe bisogno di coraggio, di scelte al di fuori degli schemi del risparmio, coraggio che invece si richiede ai dirigenti in servizio, lontani da casa e, spesso, chiamati a gestire più scuole, garantendo l’impossibile.

La riapertura delle scuole a settembre ha bisogno di questo coraggio con grossi investimenti e con una lungimiranza della politica che deve garantire che tutto il personale sia messo nella condizione di lavorare serenamente, senza doversi assumere responsabilità, compiti e competenze improprie, secondo la bruttissima consuetudine dello “scarica barile”.

Pertanto, non si può che registrare e per l’ennesima, volta la distanza abissale della politica dai problemi reali, oltre che dalla scuola, dai dirigenti, ad un passo dalla riapertura a settembre,  che – in un caos che più non si può – comunque si danno da fare per mantenerla a galla, assicurando alla nazione un servizio indispensabile e vitale dell’istruzione.


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