CONCORSI FATTI PER L’INTELLIGENZA CALCOLANTE. QUELLA DEI ROBOT.
Una questione che credo sia degna di dibattito nazionale, perfino urgente, è il modo in cui si selezionano i docenti per concorso.
Come vi è noto, viene somministrato, in via preliminare e preclusiva, un insieme di test.
Qual è il contenuto di questi test?
Si tratta, in assoluta prevalenza, di test a carattere logico-matematico, logico-analitico, logico-informatico. Il rilievo critico è duplice ed essenziale: non si tratta solo di una prevalenza del controllo logico-analitico, ma del fatto che questo test è preclusivo e ostruttivo rispetto al successivo percorso.
I signori selettori che regolano i concorsi non hanno mai letto, evidentemente, Gardner, Goleman, Nussbaum e altri studi sulla complessità e multi-lateralità dell’intelligenza.
Per questi signori, l’intelligenza è solo quella calcolante: quella dei robot.
Si può essere scarsi nell’intelligenza calcolante ed essere intelligentissimi e finissimi in tutte quelle forme di intelligenza che si esprimono nell’insegnamento delle scienze umane. Il modello selettivo adottato è gravemente viziato sul piano epistemologico e culturale.
Parte dall’idea che i docenti di scienze umane debbano essere scelti fra coloro che sono bravi nell’intelligenza calcolante.
Personalmente, sono molto bravo nell’intelligenza calcolante e nelle altre forme non calcolanti, ma ciò non mi induce a credere che persone con scarsa intelligenza calcolante non siano sufficientemente intelligenti per insegnare Dante, Petrarca o le lingue o altro.
Mi domando: metteremo a insegnare scienze umane gli ingegneri?
Il discorso di Elio Vittorini sul nuovo umanesimo, capace di relazionare scienze umane e scienze dure, viene così magnificamente ribaltato, con gravi danni per la selezione dei docenti.
Trovo francamente sconcertante che quasi nessuno levi la sua voce pubblica su questa idiozia.
Mancanza di coraggio? Vi propongo su ciò una comune riflessione. Oltre che su altre cose.
Poiché ritengo che una simile questione riguardi anche il linguaggio, ne ho fatto cenno anche nella mia ultima relazione sul linguaggio in quanto luogo in cui si vestono le idee.
Prof. Giuseppe Limone