La legislazione anti-sciopero del governo britannico
‘Mala tempora currunt sed peiora parantur’ dicevano gli antichi Latini e mai detto fu più adatto a descrivere la situazione delle organizzazioni sindacali nel Regno Unito.
Infatti, il governo conservatore britannico, non pago delle restrizioni già imposte ai lavoratori nel 2016 con il Trade Union Act (obbligo ad esempio di organizzare un referendum tra i lavoratori potenzialmente interessati allo sciopero prima di poterlo indire), sta meditando di ridurre ulteriormente i diritti dei lavoratori impiegati nei servizi di pubblica utilità, quegli stessi lavoratori che durante la pandemia sono rimasti in prima linea meritandosi l’attributo di eroi. A tirarli giù dal piedistallo è bastata la (legittima) richiesta di adeguare gli stipendi all’inflazione.
Infermieri, insegnanti, vigili del fuoco e altre categorie del pubblico impiego sono esasperati dall’inarrestabile riduzione del proprio potere d’acquisto che rischia di farne i prossimi poveri, specialmente coloro che rappresentano l’unico reddito familiare. Ma, l’attacco al diritto di sciopero rappresenta ben altro nel più vasto contesto delle relazioni sindacali: non si tratta solo di impedire ai lavoratori la rivendicazione di condizioni di lavoro condivise, si tratta, invece, di esercitare un vero e proprio ricatto sventolando la minaccia del licenziamento per chi decide di scioperare. E questo sa tanto di repressione del dissenso, non di tutela dei servizi minimi.
Insomma, quello che veniva considerato come il Paese con la più antica forma di democrazia, in realtà ha una legislazione riguardante i diritti sindacali che lascia molto a desiderare e che rischia di diventare un modello pericoloso per altri governi conservatori e neoliberisti. Oltretutto, l’uscita dall’Unione europea ha privato gli Inglesi anche dello scudo rappresentato dal Trattato sull’Unione dove i diritti sindacali hanno un proprio articolo, come nella Costituzione italiana. Ma la famiglia sindacale europea sta facendo quadrato intorno ai lavoratori inglesi e la Confederazione europea dei sindacati, così come le federazioni europee dei servizi pubblici (il CSEE per l’istruzione) hanno riempito le piazze virtuali di Twitter e di altri social con le dichiarazioni di sostegno alle mobilitazioni in corso nel Regno Unito, perché la crisi del costo della vita è un problema di tutti, ma la difesa dei diritti è una priorità assoluta.