“Cigni neri” al tempo del Coronavirus. Un messaggio ai giovani che fanno scuola ma non a scuola
Qui di seguito la lettera che il direttore generale del’Usr Emilia Romagna, Stefano Versari.
Alcuni mezzi di comunicazione hanno denominato “cigno nero” l’epidemia di coronavirus che sta sconvolgendo le nostre abitudini. L’espressione deriva da un saggio del 2007 (The Black Swan) di Nassim Nicholas Taleb. Viene usata per indicare un evento imprevedibile che cambia le convinzioni precedenti. Così accadde quando si scoprirono, in Australia, cigni neri, fino ad allora ignoti. Taleb, in una recente intervista , ha negato che 1 l’arrivo del coronavirus possa essere considerato un “cigno nero” perché se il virus in sé era imprevedibile, l’evento “pandemia” era prevedibile, in un mondo globalizzato e interconnesso come il nostro.
Chi è, allora, il “cigno nero” di questo tempo? Per spiegarlo vado indietro, all’anno 1966. Il mondo occidentale era percorso dalla cosiddetta “rivoluzione giovanile”. In Italia i “ribelli” venivano chiamati “capelloni”, “barbudos”. Professavano “il rifiuto di ogni forma di collaborazione, per staccarsi dalle vecchie generazioni, al fine di dimostrare agli altri la validità della «provocazione», definita come «nuova metodologia»” . Le voci “pubbliche” dicevano “peste e corna” di questi giovani che sovvertivano abitudini e stili di vita.
Poi, il 4 novembre 1966, l’alluvione di Firenze. Anche in questo caso – come oggi per il Coronavirus – l’evento straordinario, l’alluvione, non fu il cigno nero. Perché l’alluvione era prevedibile, considerata l’assenza di invasi e casse di espansione sull’Arno. Il cigno nero furono i giovani! Tantissimi giovani, considerati contestatori, disimpegnati e fannulloni, dall’Italia e dal resto del mondo, si riversarono a Firenze.
Non li aveva chiamati nessuno. Non c’erano internet, social, cellulari. C’era solo un canale televisivo RAI e pochi telefoni fissi. Eppure all’improvviso, in mezzo al fiume di fango, arrivarono tantissimi giovani e iniziarono a scavare libri dalle biblioteche sommerse, documenti infradiciati da preziosissimi archivi, opere d’arte ridotte a grumi di sporcizia. Furono denominati “gli angeli del fango” . Il cigno nero furono loro. I giovani c’erano e scavavano, sporchi, infreddoliti, affamati. Erano lì di loro spontanea volontà, perché avevano sentito che era quello che dovevano fare. E basta.
Torno all’oggi e mi rendo conto che si parla di nuovo di giovani, come allora. Come sempre. Perché, come che sia, siete al centro della nostra esistenza di adulti. In queste ore si dice che è stato necessario impartire ordini severi perché alcuni di voi si sono abbandonati alla movida invece di restare a casa. Si dice che altri di voi sono scappati da Milano per tornare a casa, rischiando di portare il contagio nelle regioni del Sud. Di nuovo, sembra, giovani incoscienti. Eppure so che, in generale, non è così. Perché le responsabilità sono sempre e solo personali. So dai vostri insegnanti e dirigenti scolastici che, appena è stato possibile attivare le “classi virtuali” on-line, voi eravate presenti. I giornali si sono sorpresi, ma chi fa scuola no. Perché sappiamo bene che la scuola è determinante, quando scopri di non poterla avere: ce lo insegnano anni di scuola in ospedale e di istruzione domiciliare con i ragazzi malati, alcuni molto malati.
Questi, che magari prima andavano a scuola disinteressati, diventano studenti modello in ospedale. Perché quando la vita “traballa”, ti attacchi alle cose che sostengono e danno forza. Alle cose che aiutano a definire in cosa consisti. Quando si “trema”, come con il terremoto, allora vuoi la scuola. Vuoi che ci sia per te, che ti aspetti, vuoi potervi rientrare presto. Per riavere il tuo presente e con esso costruire il tuo futuro. Ma il presente ora è diverso. Perché ho deciso di scrivervi in questo tempo di Coronavirus e scuole chiuse? Perché so che avete una voglia immensa di vita, di senso, di comprendere la realtà. Siete appassionatamente curiosi. E il Coronavirus ci sta chiedendo di essere persone diverse, non soltanto fino a quando l’infezione passerà (perché passerà prima o poi). Questa realtà sta rapidamente cambiando il nostro essere. Stiamo diventando diversi da ciò che eravamo. E quando l’identità cambia non si può tornare quelli di prima. Si può andare avanti, ma è impossibile tornare quel che si era.
Questo desidero dirvi: sarete voi studenti il “cigno nero” di questo Coronavirus! Sostenuti dai genitori e dai docenti, saprete farne occasione di cambiamento. Sarete capaci di costruire il futuro dalle sfide della realtà. Imparerete a fare un tipo diverso di scuola. Ad essere di maggiore aiuto fra voi. Ad usare internet non soltanto per chattare ma anche per ricordarvi di cosa fu l’impresa dei Mille e perché ancora oggi crediamo sia importante saperlo. Imparerete ad “adottare un nonno”, per andare a fargli la spesa. Imparerete anche a raccogliere fondi per gli ospedali, come sta facendo uno studente bolognese che ha raccolto in pochi giorni oltre 100.000 euro . Imparerete, in qualche caso, ad insegnare ai 4 vostri insegnanti come utilizzare al meglio le nuove tecnologie.
Ripenserete con loro il mondo digitale. Imparerete pure, camminando questo tempo con i vostri genitori ed insegnanti, ad avere paura, senza terrore. La paura attiva le difese naturali e va gestita. Il terrore paralizza e va sconfitto. Per questo motivo, chiedete e donate, ascolto e parola. Sarete il cigno nero del Coronavirus e ci costringerete a cambiare lo sguardo sulla realtà. Ma come potete divenire “cigno nero”, cioè realtà nuova? “Aristotele … contraddicendo il senso comune, spiega che lo schiavo è colui che non ha legami, non ha un suo posto, che si può utilizzare dappertutto e in modi diversi. L’uomo libero invece è colui che ha molti legami e molti obblighi verso gli altri, verso la città e verso il luogo in cui vive” . 5 Vi auguro di tutto cuore di essere studenti pieni di legami con il mondo in cui vivete, perciò realmente liberi. Noi adulti “ci siamo”, per quanto capaci, ognuno cercando di svolgere al meglio il proprio compito, professionale e umano.