Trento: incontro con i segretari regionali

Sintesi interventi di Massimo Di Menna e Giuseppe Limone

 

Massimo Di Menna
In premessa va ricordata la funzione dei segretari regionali:                                                          

  1. Rappresentanza;
  2. Negoziato (decisioni condivise con rappresentanza dell’amministrazione);
  3. Supporto (rivolto a Rsu, segretari territoriali).

Rispetto alle strutture territoriali non c’è una gerarchia, ma una funzione di coordinamento e di responsabilità della formazione,riferita ai rappresentanti territoriali e di scuola.
Per svolgere al meglio tali importanti funzioni è necessario ricordare ed attualizzare la nostra cultura politico-sociale e la nostra identità culturale.
Lo sforzo che stiamo facendo in tale direzione ci ha consentito di predisporre i nostri “Quaderni”:
Persona, Comunità che si possono richiedere nel formato cartaceo o scaricabili dal nostro sito.
Sovranità, Linguaggio (di prossima pubblicazione). Dialogo, argomento che trattiamo oggi.
Si tratta di un filo conduttore estremamente intrecciato, che aiuta ad affrontare le nuove sfide dell’oggi.

 

DIALOGO

Tutta la nostra azione sociale è improntata sul dialogo. Nel secolo scorso la funzione sindacale nella relazione con i lavoratori, nelle assemblee, negli incontri, era principalmente quella di spiegare al lavoratore, ed invitarlo a fare delle cose,a sviluppare delle azioni. Non sempre c’era verifica del risultato. L’obiettivo era una sorta di ‘a priori’, ed il risultato dell’azione era diversamente imputabile.
Nel Duemila tale modalità va considerata superata. Occorre passare per l’ascolto.

Ci aiuta una considerazione di Guido Calogero, tra i più importanti filosofi del dialogo, che sottolinea come la vera democrazia è nell’ascolto più che nella capacità oratoria. È nell’interlocuzione che si trovano soluzioni. Non ci sono soluzioni preconcette. Calogero indica nel dialogo il presupposto per la decisione democratica. Entriamo in sintonia con i problemi quando favoriamo e stimoliamo il dialogo.
Il dialogo, dobbiamo saperlo, richiede maggiore competenza, quindi maggiore impegno nello studio, perché si devono conoscere bene i problemi per convincere, per selezionare le opinioni altrui, questione sempre più rilevante nell’era di internet e dei social media.

Quando parliamo di dialogo ci riferiamo non solo al nostro interno, al mondo con cui tradizionalmente interloquiamo,ma anche all’esterno. Un dialogo chiuso all’interno ci isolerebbe, ci avvicinerebbe alla modalità’ propria di una setta. Anche per tale ragione, necessità di apertura al mondo esterno, abbiamo insistito sull’importanza del linguaggio, questione approfondita nell’ultimo incontro della Scuola Martinetti, la cui sintesi trovate nel sito.

Anche se siamo convinti della giustezza delle nostre opinioni, delle nostre azioni, non c’è automaticamente condivisione da parte del mondo esterno; noi abbiamo bisogno di consenso anche esterno al nostro mondo di  rappresentanza, ed in questo un dialogo imperniato su linguaggio semplice e chiaro è fondamentale. Abbiamo evidenziato la modernità di tale approccio, ma non è meno importante ricordare come le radici del nostro sindacato affondino nel dialogo, proprio come modalità migliore per lo svolgimento di una corretta azione sociale. La esigenza di tale insistenza deriva dal fatto che nella nostra storia sociale e civile, tale approccio non è risultato ‘vincente’, quindi siamo più abituati ad altre modalità.

Proprio nel momento in cui le vecchie culture del Novecento mostrano tutta la loro crisi, e mentre è forte la ricerca di nuove modalità, il nostro patrimonio, che deriva da culture consolidate, può dare nuova linfa all’azione sindacale, in modo da renderla adeguata alla complessità che viviamo in questi primi anni del nuovo millennio.

Ci riferiamo ai principi del liberal socialismo, che ci proiettano attraverso il dialogo ed il senso critico, verso il riconoscimento dei diritti naturali delle persone. Si tratta di rivitalizzare nell’azione sindacale l’etica della responsabilità, che ci consente di contribuire a formare persone consapevoli,quindi libere.

Noi pensiamo che ognuno che rappresenta la Uil Scuola nei territori, nelle scuole, debba padroneggiare tale materia, deve acquisire piena consapevolezza che il suo impegno si muove in un ambito più generale di modernizzazione, e di cogliere così il proprio protagonismo.

Anche in questa occasione possiamo affermare che la nostra riflessione filosofica,connessa alla concreta azione sindacale, ci suggerisce una filosofia pratica particolarmente efficace. Il professor Limone ora ci aiuterà ad andare in profondità sul senso della parola «Dialogo».

 

Giuseppe Limone

Anche io voglio iniziare con una considerazione riferita a quanto già fatto e documentato dalla Scuola Martinetti, originalissima ed efficace esperienza nel panorama sindacale, in particolare a quanto elaborato intorno ai concetti di Persona e Comunità, questioni del tutto trascurate nella storia del pensiero del Novecento.

Riflettere sul senso del «Dialogo» ci consente di restare in tale ambito, anzi direi che ne rappresenta l’asse portante. Pur avendo una antica tradizione filosofica,la parola dialogo ha ancora aspetti che sfuggono.
Ci sono altre forme di relazione che possono creare equivoci: colloquio, incontro.
La qualità è data da una sorta di filigrana, il dialogo.

Inviterei a non considerare tale parola in senso buonista; quando si dialoga non si presuppone che si sia già d’accordo. Ci sono più argomenti che entrano in relazione, c’è un ragionamento da sviluppare c’è da mettere in relazione cose diverse.

Il sindacato, per sua natura, svolge diverse modalità di dialogo, dialoga al suo interno, dialoga con le controparti, dialoga con le istituzioni, e in tutti i casi parte importante della sua azione è fatta di parole e di ascolto. Il dialogo è quindi una ricerca,non è Logos, verità od astrazione, e proprio perché è ricerca richiede un elemento di fiducia.

La fiducia è necessaria nella interlocuzione tra diversi, perché occorre essere fiduciosi che ragionando si può arrivare ad una soluzione. Ci aiuta in questa difficile modalità un filosofo importante come Platone, il quale sapeva che ogni volta che diciamo qualcosa non è mai tutto.

Chiediamoci come avviene la ricerca, anche quella sindacale: non avviene associando semplicemente i dati ma, mettendoli insieme, si crea una scintilla che fa nascere un’idea nuova.
C’è sempre un elemento comune che va ricercato, anche in guerra c’è un limite al male.
Il dialogo è parte dell’essenza dell’umanità ,la cosiddetta macchina intelligente non dialoga, quindi non dà soluzioni. La relatività non deve essere pregiudizio; dal pregiudizio, da una ideologia cristallizzata vengono le idee pericolose. E’ proprio la struttura dialogica che fa superare il pregiudizio.

Altro aspetto da considerare con attenzione è l’importanza dell’ascolto. Si potrebbe addirittura semplificare dicendo che la democrazia è il diritto di ascoltare. Per evidenziare l’importanza dell’ascolto, si può pensare ai dibattiti politici televisivi, dove non si riesce ad ascoltate e quindi non si capisce nulla.

A proposito della politica, vale la pena ricordare un concetto già richiamato in precedenti incontri, ed oggi di particolare attualità. La democrazia intesa come esaltazione della maggioranza porta lontano dallo stato di diritto. In democrazia ci sono diversi poteri, tra loro separati, che devono dialogare tra loro, devono essere indotti a dialogare. In questo ambito va ricordato come la comunità civile è più importante del popolo.  Il popolo non ha rappresentanti esterni, nessuno può dire “io sono il popolo”.
La Comunità è più discreta, più onesta. Nel rapporto tra persona e comunità il dna è rappresentato dal dialogo.

Possiamo pensare a diversi tipi di dialogo:
– il dialogo tra competenti e sensibilità comunitaria.
Oggi questo dialogo manca e ci sono divisioni improprie tra chi sta con i competenti e chi con il popolo;
– c’è il dialogo tra libertà ed uguaglianza.
La libertà è movimento, non è una  condizione, l’uguaglianza non è statica, ma significa combattere situazioni. Può apparire paradossale ma la libertà se non dialoga con uguaglianza, può essere una forma di tirannia. I sindacati non possono perdere la loro propensione per l’uguaglianza delle opportunità come affermazione della libertà.

C’è poi una considerazione generale che ci chiarisce la funzione fondamentale del dialogo: noi, anche in campo scientifico, sappiamo sempre molto meno di ciò che possiamo sapere. Ogni dialogante è parziale, ma feconda, fecondato, dall’altro.

Concludo con due riferimenti molto diversi. Il primo riguarda ciò che sostiene Morin, che individua nel mondo complesso tre fattori: il dialogo, che vuol dire che nessuno ha il principio per governare il mondo, la complessità che non è mai completezza, il mondo della vita che prevale e che non può essere concettualizzata.

Il secondo è un esempio negativo, un non dialogo, quello per esempio della registrazione di Vodafone che per fasi successive di domande ci introduce alla sezione dei servizi di cui abbiamo necessità,  ma che non risponde e non risolve problemi, non precedentemente strutturati e programmati, un chiaro esempio di limite della intelligenza artificiale.

La superiorità umana è nell’esercizio della libertà, della responsabilità, nell’ascolto, nel ragionamento, nella scintilla della scoperta e della soluzione del problema.

Nel dialogo ci deve essere uno spazio per essere affascinati dall’altrui sapere.

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