Turi: si scrive libertà educativa e si legge finanziamento pubblico dell’istruzione dei privati

L’istruzione non è un prodotto, non si valuta con il metro del mercato, ma con il pluralismo che garantisce un insegnamento laico e di qualità che vale sia per i ricchi che per i poveri, sia per i credenti che per gli atei.
La scuola resti fuori dalla demagogia, dalla propaganda e dagli interessi di partito.

La Presidente del Senato, Casellati, al Meeting di Rimini torna sulle scuole paritarie.
Si parla di libertà di insegnamento e contemporaneamente si pensa di affidarla ad imprenditori privati. Un paradosso. Un errore – commenta il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, all’indomani delle affermazioni della Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, al Meeting di Rimini.

E’ intuitivo che un docente, reclutato sulla base di valutazioni economiche, valoriali o confessionali, non possa mantenere l’impegno di una vera libertà di insegnamento. Libertà che sarebbe su mandato, condizionata dal dipendere dal datore di lavoro che ne definisce gli ambiti di intervento. Non ultimi anche economici.

I Padri costituenti lo capirono ed affidarono allo Stato il compito di garantirne la laicità a partire dall’educazione libera e plurale.
Sotto l’egida di un conflitto laici-cattolici si prepara la strada per il finanziamento delle scuole private, nascoste sotto la qualifica di parità.
Si scrive libertà educativa e si legge finanziamento pubblico dell’istruzione ai privati – sottolinea Turi.

Sono stati privatizzati i servizi di questo Paese, sono state dati in concessione i beni pubblici, ora si vorrebbe – puntualizza Turi – dopo la sanità, dare l’assalto all’istruzione.

Difesa, giustizia, istruzione, ordine pubblico, istruzione: sono funzioni dello Stato che svolge una funzione insostituibile. Il sistema delle convenzioni, in uno Stato che mostra tutti i suoi limiti nell’attività di regolamentazione del mercato, come potrebbe rispondere efficacemente su beni immateriali come quello dell’istruzione? Un salto nel buio che cercheremo di contrastare in ogni modo.

L’istruzione non è un prodotto, non si valuta con il metro del mercato, ma con il pluralismo che è ben presente nella scuola italiana e che piace alla stragrande maggioranza degli italiani.
Pluralismo che garantisce un insegnamento laico e di qualità che vale sia per i ricchi che per i poveri, sia per i credenti, di qualsiasi confessione religiosa, che per gli atei.

Ci auguriamo che su questo versante si esca dalla facile demagogia e dalla propaganda, e dagli interessi di partito – aggiunge Turi – per affrontare il vero nodo della questione: investire in istruzione che vuole dire impegnarsi di più per attivare scuole sempre migliori che la Costituzione affida allo Stato.
Altro che abbandonare il settore ed appaltarlo ai privati.

 


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