Uil: l’istruzione non è un semplice servizio a domanda individualizzata

Paradosso di questi tempi: la Cei scrive una lettera agli insegnanti di religione nella quale riconosce l’importanza di un insegnamento offerto a milioni di studenti nella scuola statale. La politica chiede più risorse per le scuole private percorrendo la scelta opposta: le scuole di tendenza.

L’insegnamento, in seno alla scuola statale italiana,  rappresenta il modo moderno ed unico per rafforzare libertà e democrazia.

Attraverso l’insegnamento libero e plurale,  l’alunno, futuro cittadino apprende il sapere critico, si fa le sue libere opinioni, rafforza coesione e libertà, costruisce integrazione e democrazia.
E’ una peculiarità preziosa della scuola dello stato, in cui ha sede il pluralismo, che è garanzia di laicità.

In questo contesto, anche per effetto di una tradizione che parte da lontano e trova radici nella nostra carta costituzionale,  l’insegnante di religione cattolica contribuisce a rendere  forte ed insostituibile la scuola dello Stato. Può apparire un paradosso, ma anche l’insegnamento della religione cattolica, rafforza il senso della laicità e del pluralismo che si deve ritrovare in una scuola comunità, quella di tutti, quella del mondo reale, quella della Repubblica.

Un insegnamento che, come dicono i vescovi, rappresenta un patrimonio sia per chi si avvale di questo insegnamento facoltativo, che per coloro che non se ne avvalgono ma  che hanno l’occasione di un’offerta formativa alternativa.

Un sistema di libertà di scelta e di offerta formativa articolata e senza steccati che trova nel pluralismo professionale dei docenti la sua sintesi. Un esempio di integrazione che andrebbe esportato anche nei paesi europei che, invece, hanno scelto la strada della diversificazione dell’offerta formativa. Questo in nome di una libertà di scelta educativa che porta alla creazione di scuole di tendenza, laiche o religiose che siano.
Un modello alternativo rispetto alla scuola statale di questo paese.

La conoscenza e la libertà di insegnamento che la nostra Costituzione riconosce ad ogni insegnate – per la tutela di un diritto collettivo – consente agli alunni un confronto ed una crescita culturale.  Li rende in grado di gestire in termini scientifici, di dialettica e partecipazione democratica, le mode e i modelli formativi  che in una società, sempre più  multietnica e multi religiosa, costituiscono un forte baluardo di vera integrazione.

Questa impostazione consente alla scuola di operare per contribuire alla formazione collettiva, rappresentando un ambiente in cui tolleranza, fratellanza, solidarietà siano anche contrapposte all’ideologia imperante di un neo liberismo che, con i valori della divisione, dell’individualismo, della competizione, alimenta divisioni e purtroppo anche intolleranza. Situazioni che potrebbero amplificarsi al proliferare di modelli formativi particolari.
Sotto questo profilo, se si assecondassero scelte educative diversificate, in contesti diversi e separati che non favorissero l’integrazione anche tra culture diverse, si giungerebbe all’esatto opposto del nostro sistema: la scelta e il proliferare di scuole di tendenza. Un rischio.
Proprio quel tipo di scuole selezionate, che alcuni ritengono addirittura debbano ricevere finanziamenti dallo Stato, per alimentare, come avviene in altri paesi, una sorta di competizione tra diverse offerte formative.

Scelte che si vorrebbero sostenere finanziariamente, perché fatte passare come elemento di liberà di scelta delle famiglie: come se l’istruzione fosse un semplice servizio a domanda individualizzata invece che una funzione dello Stato, che non può e non deve essere delegata ai privati a cui è riservato uno spazio ma con risorse che non siano quelle pubbliche.

A  ben vedere, se si leggono le diverse questioni in un’ottica di contrasto tra diverse ed opposte proposte educative, inevitabilmente si  provocano divisioni e contrapposizioni che possono scaricarsi sulla società. Una dicotomia che si sta già realizzando in altri paesi europei.

Perseguire una tale politica porterebbe all’effetto opposto che intende perseguire: un sistema che inevitabilmente farebbe venire meno il presupposto di scelta, tutta italiana, dell’insegnamento della religione cattolica dalle scuole statali. Insegnamento che ha reso forte la scuola statale di questo paese, proprio perché libero, alternativo e plurale.

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La notizia riportata dall’agenzia Ansa

Cei: insegnamento religione lavoro prezioso per la società
Lettera a docenti. Trasmettere patrimonio cultura cattolicesimo

(ANSA) – ROMA, 30 AGO – “Tenere viva la passione educativa e accrescere la qualita’ scolastica e professionale, sia nella fase della prima formazione sia in quella permanente o in servizio, curando inseparabilmente l’acquisizione dei contenuti disciplinari e la competenza umana, pedagogica e spirituale delle dinamiche relazionali e didattiche”. E’ l’invito che la Commissione Cei per l’educazione cattolica, la scuola e l’universita’ ribadisce nella “Lettera agli insegnanti di religione cattolica”, scritta a distanza di poco piu’ di 25 anni dalla pubblicazione della nota pastorale “Insegnare religione cattolica oggi” (maggio 1991) e in occasione dell’entrata in vigore a pieno regime dell’intesa tra la Cei e il ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, firmata il 28 giugno 2012. Accordo che porta a compimento un percorso pluridecennale della Chiesa cattolica in Italia, “voluto tenacemente per assicurare un livello di eccellenza alla formazione degli insegnanti di religione cattolica”.

Nella lettera, datata 1/o settembre e riportata dall’Osservatore Romano, i vescovi confermano il loro sostegno e sottolineano l’importanza di un insegnamento che offre a milioni di studenti “l’opportunita’ di assimilare una conoscenza qualificata del patrimonio di cultura che il cattolicesimo italiano consegna anche alle nuove generazioni”. Si tratta di “un lavoro prezioso per la scuola, per la societa’ e per la comunita’ ecclesiale”. In una Italia ormai multi-religiosa e pluri-culturale e’ diffuso il fenomeno di alunni di estrazione religiosa e culturale non cattolica che chiedono di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. D’altra parte, “mentre si conferma l’alta percentuale di avvalentisi – nel 2015-2016 nelle proporzioni dell’87,9 per cento nelle scuole statali – si registra una certa difformita’ di percentuale tra grossi e piccoli centri, tra sud e nord, tra i diversi ordini e gradi di scuola. L’elevata percentuale degli avvalentisi conferma, nondimeno, la validita’ della scelta a suo tempo compiuta di consentire agli studenti italiani una conoscenza sicura di cio’ che il cattolicesimo rappresenta non solo per i credenti ma per tutta la nostra tradizione”.

(ANSA). GR 30-AGO-17 16:59 NNNN


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