Comunità educante e i sistemi nazionali di valutazione

Pubblichiamo qui di seguito un estratto del contributo che Manuela Mendonça Componente esecutivo IE, ha dato durante la tavola rotonda organizzata il secondo giorno del 14°Congresso nazionale della Uil Scuola a Montesilvano.  Il sistema di valutazione e le esperienze italiane ed europee, sono stati al centro dello spazio di approfondimento congressuale, al quale hanno preso parte, insieme a Pino Turi e Noemi Ranieri,  anche Damiano Previtali, Coordinatore del sistema di valutazione del Miur, Paolo Mazzoli, Direttore generale dell’Invalsi, Rosa Venuti Presidente dell’Irase Nazionale.

 
« Innanzitutto vorrei ringraziare la Uil Scuola per l’invito e per l’ospitalità, da parte degli ospiti internazionali della Bulgaria, Francia, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e  Regno Unito – ha detto Manuela Mendonça, in apertura di interventoSiamo felici di essere qui e cercherò di condividere con voi le nostre opinioni sul tema della valutazione e il suo impatto sulla didattica e sull’autonomia professionale.

La valutazione degli studenti è al centro della professione docente. È un atto professionale impegnativo che ha un’influenza sugli studenti e sulle famiglie. La valutazione mira ad aiutare gli  studenti a prendere coscienza dei propri progressi e aumentare il proprio senso di competenza, come pure a effettuare una diagnosi delle proprie difficoltà e trovare soluzioni per rimuoverle. In altre parole, la valutazione deve essere costruttiva e formativa, per aumentare la conoscenza e le competenze degli studenti e fornire un riscontro utile. Investire nella formazione iniziale e continua dei docenti  è importante perché può sviluppare la propria capacità di analizzare i processi dell’apprendimento, ma anche rinforzare il lavoro collaborativo e l’autonomia professionale.

Discutendo le politiche di valutazione, abbiamo riscontrato che in tutti nostri paesi i test standardizzati stanno avendo un impatto negativo sulle scuole, sui docenti e sugli studenti. Le scuole sono diventate officine d’esame, i programmi si sono ristretti e c’è un’attenzione eccessiva su letto-scrittura e matematica mentre si escludono discipline creative e pratiche. Inoltre, alunni di tutte le età sono sempre più soggetti a condizioni di malessere psicologico dovuto alla pressione degli esami nelle scuole. Gli studenti che sperimentano difficoltà nei test sono soggetti ad avere una minore autostima.

Pure i docenti sono affetti da malesseri legati allo stress, a causa dei timori provocati da un clima negativamente competitivo. Infatti, in caso di risultati insufficienti il singolo docente è il primo ad essere accusato. Perciò sono obbligati ad insegnare in funzione del test per migliorare il rendimento degli studenti negli esami di particolare importanza. Questo processo limita in modo eccessivo la libertà dei docenti, modifica le pratiche didattiche e porta alla de professionalizzazione della funzione docente.

L’Inghilterra sembra essere il peggior esempio in termini di valutazione e somministrazione di test. Ci sono test standardizzati nazionali per gli alunni di 4,6, 11 e quattordici anni e poi ulteriori esami per tutti i sedicenni. I risultati dei test sono collegati alla valutazione dei docenti e quindi al loro stipendio. Le ispezioni delle scuole hanno come obiettivo i test e i loro risultati e un esito negativo dell’ispezione può produrre il licenziamento Del dirigente e dei docenti. Nei Paesi Bassi i docenti più anziani nel settore primario sono sottoposti a pressione per ottenere risultati migliori e possono anche essere sollecitati a lasciare il lavoro.

In alcuni paesi, come Inghilterra e Portogallo, i testi standardizzati vengono usati anche per promuovere la competizione tra le scuole, con la pubblicazione degli esiti che finisce per screditare le scuole pubbliche e promuovere le scuole private.

A livello internazionale, le indagini statistiche condotte da organizzazioni transnazionali di natura governativa, specialmente l’OCSE, sono divenute strumenti potenti per regolare le politiche educative. Inoltre, per le autorità nazionali, sono spesso un mezzo per legittimare le proprie riforme educative e per far ricadere sui docenti la presunta colpa di un lavoro non fatto bene.

Questi confronti internazionali sulla base di strumenti standardizzati non sono in grado di catturare la reale essenza dell’insegnamento e dell’apprendimento. Essi finiscono per degradare la nozione di educazione che non può essere sempre definita da tali dati . L’istruzione non può essere ridotta solamente a certe competenze e abilità da possedere, al contrario l’educazione  include anche la trasmissione e la promozione di principi umanitari e valori che tali test possono a malapena comprendere. questa ossessione riguardo a risultati comparativi e performance, sia a livello nazionale che internazionale, crea una conoscenza molto limitata, ignora la contestualizzazione dei processi di apprendimento e impoverisce la partecipazione democratica e il dibattito sulle dimensioni politiche dell’istruzione.

In conclusione:
I docenti non sono contrari alla valutazione, sappiamo che è importante, ma i risultati di test legati a interessi strategici e usati per valutare docenti e scuole sono chiaramente fuori luogo. Perciò è molto importante che i docenti continuino ad opporsi A questo tipo di test e a questa cultura degli esamifici, in particolare curando il proprio rapporto con le famiglie.

Per quanto riguarda le politiche educative, ci rendiamo conto che i problemi che affrontiamo sono gli stessi comunque. Per noi, come sindacati dell’educazione, partecipare a discussioni internazionali rappresenta un’opportunità per dare basi più solide alle nostre argomentazioni per premere sui nostri governi con proposte unitarie e richieste unitarie. Insieme continueremo a costruire una scuola che promuove il benessere degli studenti, dei docenti e degli altri membri della comunità scolastica. Insieme continueremo a lottare per una istruzione di qualità per tutti e pubblica. E insieme saremo più forti».

Nel link  il testo dell’articolo apparso nell’edizione di giugno del Jornal da FENPROF.


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