Turi: AAA supporters della scuola pubblica cercasi
Opposizione e governo si preoccupano più delle scuole degli altri che di quelle dello Stato.
Opposizione e governo si preoccupano più delle scuole degli altri che di quelle dello Stato – sottolinea il segretario generale della Uil scuola, Pino Turi –in merito alle due mozioni presentate nel pomeriggio al Senato da FI.
Si persegue – aggiunge Turi – la logica errata che privatizzare è bene, che ciò che è privato è uguale, facendo un generico appello alla dignità.
La dignità qui non c’entra nulla. Il punto è che esiste una scuola statale, che va messa in sicurezza, e su questo punto – chiarisce Turi – siamo d’accordo che vadano fatti investimenti importanti per la messa in sicurezza degli edifici, del pari crediamo fermamente che non vadano sottratte in alcun modo risorse al sistema statale sancito dalla Costituzione.
Le mozioni di oggi vanno nel senso di un capovolgimento delle priorità in tema di istruzione, andare verso il privato non è la soluzione di tutto.
Non si deve trasformare il sistema scolastico in un supermercato dell’offerta formativa, ma deve essere il punto di riferimento culturale e identitario di una nazione, il cui baricentro non può che essere la scuola statale.
Chi si occupa della scuola statale di questo paese? – chiede polemicamente Turi.
Le persone domandano a gran voce stabilità e fiducia – aggiunge ricordando che solo due giorni fa migliaia di precari hanno manifestato nelle città italiane.
I problemi della scuola non sono soltanto quelli del precariato lo sappiamo bene, ma non si risolvono certo svendendo pezzi alle Regioni piuttosto che riconoscere particolare privilegi alle scuole non statali. Bisogna avere rispetto per la scuola e per i docenti. E’ compito della politica trovare le soluzioni, fare in modo che possano lavorare in tranquillità, senza mettere le persone le une contro le altre per ragioni di consenso politico.
Questo significa cercare le migliori condizioni di lavoro. Questo significa che ognuno deve ‘fare il proprio mestiere’.