Il contratto può modificare la legge: lo riconosce la Corte d’Appello di Trento.
La contrattazione rimane l’elemento centrale nella regolazione del rapporto di lavoro anche nel pubblico oggi privatizzato.
Che la UIL Scuola in ogni occasione abbia invocato l’attuazione dell’art 2, comma, 2 del Decreto Legislativo n. 165, non è una novità, ma che lo riconosca anche un tribunale, un organo collegiale di seconda istanza, certamente lo è.
Una sentenza che rimette dal punto di vista giuridico le questioni nell’alveo giusto ed indirettamente condanna le ormai ripetute e frequenti incursioni legislative nella materia contrattuale che ne hanno snaturato la natura privatistica dei diritti soggettivi di natura sindacale: la contrattazione rimane l’elemento centrale nella regolazione del rapporto di lavoro anche nel pubblico oggi privatizzato.
La sentenza della Corte di Appello conferma la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Trento che, in prima istanza, ha riconosciuto la natura contrattuale della mobilità del personale destinato alle scuole italiane all’estero.
Come è noto il Decreto Leg.vo n. 64/15 – in base alla delega della Legge n. 107/15 (c.d Buona Scuola) -attuato sulla base della condivisione di ben due ministeri, quello degli Esteri e dell’Istruzione, che invocavano l’attuazione pedissequa della legge, si sono visti perdenti anche nel giudizio di appello.
La circostanza per cui il CCNL fu successivamente stipulato, in data successiva al Decreto, ha indotto i giudici a riconoscerne l’inefficacia legislativa, proprio perché il dettato normativo del citato Art 2, comma 2, ne decretava la disapplicazione.
Del resto, tale norma aveva già consentito al CCNL, ancora in vigore, di disapplicare molte delle norme della Legge 107, Buona Scuola, attraverso la contrattazione.
Alla luce di questa sentenza, si chiariscono dubbi e perplessità sorte anche nell’ambito sindacale.
Ora ci auguriamo che questa sentenza, grazie anche all’autorevolezza del Tribunale che l’ha emessa, non rappresenti ancora l’alibi per nascondersi dietro l’impossibilità di fare scelte diverse perché ci sono disposizioni di legge che vanno in altra direzione.
Norme che purtroppo si accavallano e rendono di difficile attuazione la gestione del personale che si scontra con una realtà in continuo divenire che le leggi, per loro natura rigide e molte volte, anche parziali e frutto di sensibilità transitorie, rendono incerti i diritti e gli obblighi dei lavoratori, con l’inevitabile conseguenza sulla funzionalità dell’istituzione stessa, instabile e foriera di crisi come quella che stiamo attraversando da qualche anno.
Dopo questa sentenza non si potrà sostenere che “c’è la legge che prevale sempre” o affermare che “l’ARAN e il ministro sono semplici esecutori”, ma assumere la responsabilità della gestione per attivare regole e strumenti adeguati a dare risposte ai lavoratori.
Un punto di analisi che non cambierà le questioni e che non farà venir meno le difficoltà, ma almeno ci sarà certezza e individuazione di responsabilità dirette.
E’ ciò che serve per risolvere problemi che languono da tempo in termini di mobilità del personale, profili professionali, nuove mansioni dovute ai cambiamenti in atto e a tutto ciò che serve per una gestione moderna e riformista del personale della scuola.
La UIL e la UIL Scuola, da sempre Sindacato laico e riformista, anche in questo caso sconta positivamente, non solo la determinazione e la propria posizione anche fuori dal coro, ma registra la coerenza e i risultati incominciano a vedersi. Ora con una posizione assunta dalla magistratura, il cui esito porterà anche la politica a dare risposte adeguate e coerenti ai lavoratori.