INVALSI: presentato l’esito delle prove nazionali. Turi: superare la tecnocrazia lontana dalla scuola.

L’Invalsi ha presentato l’esito delle prove nazionali. Si tratta di prove standardizzate che lasciano il tempo che trovano e sono tutte orientata alla misurazione delle competenze, come se fosse semplice. La ricerca spasmodica rivolta a misurare tutto ciò che serve è frutto di un’idea omologa, da pensiero unico, per cui ciò che vale deve essere misurato, anche il grado di apprendimento.

Non avendo nessuno l’ardire di misurare l’immisurabile, le conoscenze, il grado di cultura, si è pensato di misurare le ‘competenze’, come un elemento su cui lavorare, con molti limiti (ma non è questo il momento di analizzarli).

Il punto è che siamo in presenza di un sistema che funziona come una sorta di misuratore, come il termometro: misura la temperatura, ma non la malattia. E, sulle diagnosi, parte le lotteria dei competenti, la lettura ed analisi dei numeri.
Un esercizio che il più delle volte serve per giustificare la propria tesi. Proprio come stiamo facendo noi in questo momento: la DaD va ridimensionata ed è causa di un allentamento delle competenze da parte degli studenti.

Certo non ci volevano scienziati per fare questa previsione: la vera scuola è quella che si fa in presenza e mette insieme la comunità che sia riferita ad una sola classe o l’intero istituto, l’apprendimento non è solo trasmissione di competenze, ma di sensazioni, emozioni, interessi e curiosità che scattano nelle singole comunità.

Un apprendimento umano non sempre considerato utile, nella misura in cui ciò che è utile e solo quello che induce una produzione immediata, e non mediata, che invece è la base della crescita degli allievi.
Che la DaD fosse un problema e non la soluzione era questione semplice da vedere inforcando le lenti della concretezza e della conoscenza di ciò che è e vuole dire scuola.

Questione non propriamente semplice, se è vero che dopo gli entusiasmi della prima ora, insieme alla fiera della vanità che è indotta dall’individualismo e dalla competizione come fine e non come strumento, i limiti si sono appalesati agli occhi dei cosiddetti innovatori subito pronti a cambiare il mondo senza riuscire a misurarsi con la realtà (che è molto più complessa e difficile).

Comunque, almeno questa volta, vogliamo noi utilizzare l’analisi dell’INVALSI per rilanciare le nostre posizioni e rivendicazioni nella speranza che possano servire a rimettere sul binario giusto un dibattito molto deviato dalle (queste vere) incompetenze della politica che utilizzando il potere di decisione si arroga il diritto di scelte che poi non trovano paternità, ma sono oggetto di uno scarica barile a cui la ‘lettura’ dei numeri, assegna un ruolo importante.

Un paradosso che potrebbe portare a preferire una tecnocrazia, frutto di una politica acefala, non consapevole del ruolo democratico e di responsabilità, troppo spesso lasciata ai giudizi dei vari CTS che si moltiplicano a dismisura, mano, mano che le idee politiche diminuisco e si confondono, in una spasmodica ricerca di consensi.

Un incubo per la scuola e per il paese che ci auguriamo esca dalla narrazione di parte per trovare le sintesi e le analisi che possano dare risposte ai problemi veri da risolvere per ridare serenità e futuro alle nuove generazioni che ne hanno diritto


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