Piano di formazione nazionale per l’insegnamento dell’educazione civica

L’ innovazione si trasforma in un pretesto per stravolgere gli istituti contrattuali e tradire la cultura della collegialità. Tutte le decisioni sono assunte dal ministero e dai dirigenti scolastici che scelgono i propri referenti anche in barba alla legge.

A dieci ore di formazione in  cui i coordinatori d’istituto e i coordinatori di classe sono tenuti, ne seguono trenta di duro lavoro aggiuntivo mascherato da formazione, che sono invece in realtà attività di supporto, tutoraggio, assistenza, diffusione di metodologie tra i colleghi, secondo un modello a cascata.

Dalla formazione si finisce in una vera e propria trappola, in cui la funzione di referente del dirigente scolastico non è prevista nemmeno dalla legge istitutiva.

Si incomincia a capire cosa si intenda per formazione obbligatoria: una sorta di progetto autoritativo a cui dover sottostare, contro ogni elemento di autonomia scolastica che dovrebbe, e deve, progettare in base a criteri di massima e non ad indicazioni omologate a progetti eterodiretti. Un attacco alle libertà costituzionali inaccettabile.

Infatti, la nota presentata in bozza alle organizzazioni sindacali contiene elementi altamente contestabili, nel metodo e nel merito.

Oltre a introdurre la figura del referente del dirigente non prevista dalla legge, colloca in capo al dirigente la sua individuazione, sottraendo la competenza al collegio dei docenti, in contrasto con i  poteri che l’autonomia scolastica attribuisce direttamente all’organo di gestione didattico pedagogica e professionale delle scuole.

Le attività connesse all’introduzione di innovazioni fanno capo al piano dell’offerta formativa triennale ed in quanto tali di stretta titolarità del collegio. La bozza non individua criteri per la scelta ne delega il collegio a definirli. Inoltre genera effetti deleteri sulla contrattazione di istituto, infatti le trenta ore di attività funzionale alla diffusione ed attuazione della legge si prefigurano come vero e proprio lavoro aggiuntivo che la contrattazione d’istituto dovrebbe stabilire come retribuire.

Il ministero opera consapevolmente sulla ambiguità e sulla tendenza a burocratizzare la gestione della scuola con una operazione dagli effetti deleteri sulla validità degli istituti contrattuali, con un nuovo tentativo di reiterare modelli operativi che cinque anni fa la legge 107 ha tentato di introdurre invano e che ora tornano alla ribalta.

La UIL ha criticato con forza le proposte rese ancor più indigeribili dal fatto che il piano di formazione assorbe il 40% delle risorse complessivamente rese disponibili per la formazione e l’aggiornamento in servizio per l’intero anno scolastico.

Il contratto integrativo nazionale viene completamente snaturato attraverso uno spillover, dalla assegnazione dei fondi alle scuole polo alla retribuzione del lavoro aggiuntivo con i fondi della formazione, dalla sottrazione del potere decisionale delle scuole per favorire un improprio potere, o forse una complicità tra qualche dirigente scolastico e persone di sua esclusiva fiducia.

I quattro milioni disponibili non sono aggiuntivi come ogni innovazione richiederebbe, sono invece sottratti in modo unilaterale alle risorse per la formazione,  che contiene misure molto  importanti come ad esempio la sicurezza sui luoghi di lavoro, di cui nella esperienza post-covid ci sarebbe grande bisogno.

La durata triennale della proposta non può essere contrabbandata come una sperimentazione di cui non vengono assolutamente presentati obiettivi finalità modalità criteri di attuazione nè diffusione degli esiti.

Si opta per rispettare la forma del contratto integrativo nazionale sulla formazione assegnando ad esempio alle scuole Polo il 40% delle risorse disponibili dividendo l’assegnazione in due tranche, una in forma di anticipo e una in forma di saldo a seguito della rendicontazione, ma si annulla completamente il valore della collegialità e della condivisione quali strumenti di gestione della autonomia della responsabilità e dello sviluppo delle istituzioni scolastiche.

E’ questo quanto la Uil scuola ha segnalato venerdi 10 luglio nell’incontro di presentazione  della  bozza di circolare sulla formazione dei docenti per l’insegnamento dell’educazione civica per l’anno scolastico 20/21 chiedendo il rispetto delle competenze dei diversi organi di gestione della istituzione scolastica, della funzione e dei ruoli della comunità educante.

Anche da questo passa il messaggio di  rispetto delle norme e dei vincoli che regolano la vita civile delle comunità, obiettivo che la legge intende raggiungere e che viene tradito già  nella sostanza della fase attuativa. La formazione  dovrebbe valorizzare la disponibilità, la volontarietà, l’interesse alla qualificazione professionale in un momento in cui attenzione e disponibilità dovrebbero essere concentrati sulla ricostruzione degli apprendimenti mancati degli alunni a seguito della pandemia e sulla ripartenza in sicurezza della scuole.

La Uil Scuola chiede la modifica delle scelte operate nella bozza di circolare nel senso indicato del ripristino delle competenze definite dal decreto 275/1999 per il collegio dei docenti, nel rispetto dei livelli di contrattazione integrativa nazionale e d’istituto nonché la corretta applicazione della legge 92/2019.

In caso contrario saremo costretti ad adire le vie legali per chiedere l’annullamento del provvedimento.

 


Condividi questo articolo: