Turi: punta di un iceberg, segnale drammatico di una scuola condizionata sempre più dal profitto

CASO SCUOLA VIA TRIONFALE DI ROMA
Se accadono fatti come questi, vuol dire che la comunità si sta trasformando e non sta più funzionando come incubatrice di valori che il senso comune ritiene positivi come l’inclusione la solidarietà, la serietà degli studi, il valore dello studio e il ruolo degli insegnanti e delle istituzioni.

Come si è arrivati, e come evitare, una situazione che rappresenta la punta di un iceberg?
E’ la domanda di partenza del segretario generale della Uil Scuola Pino Turi di fronte a fatti paradossali come quello dell’Istituto ‘Via Trionfale’ rispetto ai quali – osserva Turi – non ci si può limitare a normali condanne che il buonsenso induce a fare.

Sono decenni che si trascura la scuola e le si impongono modelli neo liberisti, parametri che sono diventati riferimenti sociali e politici dominanti. Si sta determinando una mutazione genetica della scuola e dell’istruzione, iniziata con la politica del contenimento della spesa, seguita dalla chimera delle riforme a costo zero. Il primato dei diritti e dei valori costituzionalmente garantiti è stato gettato all’ultimo posto, per lasciare posto a statistiche e graduatorie – aggiunge Turi.

Come ci si può meravigliare se l’unico metro di misura è il profitto il denaro, il reddito e la scuola diventa un supermercato in cui esibirlo e spenderlo, accontentare i clienti – continua Turi – in un crescendo che induce ogni scuola a distinguersi per attirare sempre nuovi clienti da accontentare ulteriormente altri da trovare e da contendere.

Perché desta stupore una scuola che classifica, divide, guarda alle performances, quando si vogliono trasformare i docenti in impiegati a cui impartire doveri, limitandoli nella loro autonomia didattica e professionale. Come possono fare se si trovano sempre più spesso in un continuo senso di omologazione ad attività amministrative che nulla o poco hanno a che fare con la funzione docente?

Molti insegnanti sono in una situazione di profonda prostrazione  professionale proprio perché spettatori e non protagonisti di situazioni come quella della scuola romana.
Respinti continuamente entro rigidi ambiti burocratici da misurare in termini produttività. Un crescendo di carte, relazioni, modelli, schede. Tutta forma e nessuna sostanza.

Se accadono fatti come questi, vuol dire che la comunità si sta trasformando e non sta più funzionando come incubatrice di valori che il senso comune ritiene positivi come l’inclusione la solidarietà, la serietà degli studi, il valore dello studio e il ruolo degli insegnati e delle istituzioni.

Forse è arrivato il momento di dire basta e pensare alla scuola e al suo personale come comunità, come istituzione a cui la Costituzione affida il compito di ascensore sociale. Compito che non parte dal modello 730 ma dalla cultura dall’istruzione, affidata ai docenti a cui restituire fiducia, dignità,  funzione.

Significa basta clientele, basta élite, basta egoismi, basta denigrazioni e basta pseudo riforme.
Servono investimenti, serve fiducia ed un ritorno alla scuola come luogo di libertà e di crescita culturale, una comunità basata su democrazia e partecipazione. Basta principalmente considerare la scuola terreno di scontro politico, basta.

Facciamo in fretta a cambiare registro. Siamo ancora in tempo visto che siamo disposti ancora ad indignarci.


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