Turi: “Ogni studente è insostituibile, ogni insegnante è unico”
La scuola è l’istituzione nella quale il trasferimento dei valori della democrazia, della partecipazione, della convivenza e del vivere civile, trovavano certezze e condivisione, contribuendo a definire l’identità culturale del paese.
E’ il terzo anno per la scuola: la pandemia ha attraversato il Paese e la scuola è stata parte coinvolta direttamente, ferita e resistente.
Tre anni nei quali le cronache hanno raccontato ogni aspetto, ogni dettaglio.
Tutte cronache dell’oggi che dimenticano gli infiniti sforzi fatti, le preoccupazioni, le decisioni, le scelte.
Il dibattito tutto spostato su ‘mascherina si – mascherina no’, ‘green pass si – green pass no- con un tono cambiato profondamente.
La scuola è una sorta di luogo sacro in cui il trasferimento dei valori della democrazia, della partecipazione, della convivenza e del vivere civile, trovavano certezze e condivisione, contribuendo a definire l’identità culturale del paese.
La pandemia e una politica litigiosa stanno portando la scuola nel vortice dello scontro politico.
Il risultato è una progressiva demolizione della considerazione di ciò che un paese dovrebbe gelosamente custodire: la scuola della Costituzione, quella di tutti e di ognuno.
L’amplificazione sul web alimenta il clima di scontro e di rabbia che, per un paese nelle nostre condizioni, equivale ad una miscela esplosiva non facile da gestire ed avulsa dalla realtà.
Un fenomeno che va capito, metabolizzato e contrastato. Il luogo per farlo è la scuola, quella libera laica ed indipendente che insegna con il metodo del dubbio dell’alterità e della scienza.
Nessuno pensa che la scuola sia un organismo statico perché è dinamico per definizione.
Sono le generazioni che si alternano al loro interno a modificarla sino a mutarla.
E’ una comunità che trova al proprio interno la spinta al cambiamento.
Non saranno certo i progetti altisonanti del PNRR a darle un volto nuovo.
La resilienza, non è dote umana, è la capacità dei materiali di resistere agli urti e alle sollecitazioni.
Il paragone usato in pandemia non è casuale: il personale della scuola subisce da tempo urti e sollecitazioni. Più che parlare di resilienza sarebbe meglio parlare di responsabilità e pazienza.
Ciò che è stato fatto per la scuola non è stato fatto per nessun altro settore; si sono scaricate le responsabilità, le inefficienze, le politiche di tagli degli ultimi anni sulle persone che ci lavorano, e poi, sui sindacati che li rappresentano.
A quei docenti che hanno svolto in trincea il loro lavoro, con continui spostamenti, con vincoli inaccettabili, con stipendi da sussistenza, in aule spesso fatiscenti, senza dispositivi di protezione, non si può continuare a puntare il dito contro e scaricagli addosso ogni inadempienza.
La soluzione non si troverà con ricette da laboratorio, con soluzioni orientate al welfare o alla produzione. Per paradosso non saranno nemmeno le ricette europee a offrire scenari nuovi a insegnanti stremati.
Andiamo per ordine:
- si pensa di sostenere il lavoro delle donne istituendo asili nido. Utile ma non decisivo se non si cambieranno anche le condizioni di lavoro. Inadatto allo scopo se non si penserà al segmento dello 0-6 in modo organico con il resto del sistema scolastico
- si pensa di istituire una Scuola di Alta Formazione (unendo due carrozzoni burocratici. La deresponsabilizzazione della politica che si nasconde dietro un improbabile CTS) con la quale attuare una formazione globale; formare un milione di persone che per mestiere fanno i formatori. Come insegnare o cosa insegnare? La differenza è abissale. Chi tutelerà la libertà di insegnamento?
- La professionalità docente è legata all’esperienza, al metodo, alla didattica, all’aggiornamento, alla consapevolezza. L’idea di compattare tutte queste modalità umane in una versione digitale ha mostrato tutti i suoi limiti nella Dad. Ha dovuto arrendersi chi guardava all’istruzione appaltata dal web e da Google soppiantare docenti obsoleti ed inadeguati.
- Ogni studente è insostituibile. Ogni insegnante è unico. Ciò è tanto vero quado si parla di sostituire gli insegnanti con la leggerezza con cui si cambierebbe un vestito.
- Nel dialogo istituzionale si continua a guardare al sindacato come soggetto conservatore mentre i diritti subiscono attacchi moderni.
La pandemia ha esaltato l’individualismo degli ultimi anni, dimenticando che è scuola quella che trasmette i valori che caratterizzano un Paese e senza il magister che accompagna l’alunno nella vita sarà un altro flop annunciato. In questo paese c’è un problema grande di svalutazione economica e sociale del ruolo dell’insegnante, cruciale per il benessere di una nazione
La scuola laica e libera che questo paese ha conosciuto e che, ne siamo convinti il personale non sarà disposto a cedere. Noi saremo le sentinelle di questi valori e le faremo valere nelle scuole, nei rinnovi dei contratti e nei dibattiti che intendiamo attivare intorno alla scuola.
Sarà una bella lotta tra progresso e regresso tra conservazione e innovazione.
Dobbiamo cambiare lenti per vedere, è necessario cambiare ottica capire cosa è innovazione e cosa omologazione.
L’innovazione non è inseguire profitti che non si redistribuiscono, offrire accesso a lavori sottopagati, scaricare le diseconomie esterne sull’ambiente, abbassare le misure di sicurezza sul lavoro e affidarsi per la modernizzazione proprio a quelli che ne hanno determinato la crisi.
La cosiddetta modernità guarda alla transizione che tutti annunciano e per farla veramente serve una netta inversione di marcia che insegni al saper vivere in senso ampio e non solo a fine produttivo.
Questo sistema scolastico ci ha consentito di cambiare il sistema produttivo, ha operato la transizione per diventare un paese manifatturiero, tra i primi sette al mondo, con diritti e doveri costituzionalizzati, con un welfare che ha dato al mondo del lavoro la dignità che oggi si vuole sottrarre.
La chiamiamo democrazia moderna che non siamo disposti a barattare con un ritorno ad un passato autoritario e discriminante dei diritti dei più deboli.