Oggi e domani i lavori del Consiglio dei ministri dell’istruzione e università

Spesa per i sistemi europei di istruzione: a confronto i ministri dell’Unione

La pandemia ha stravolto le vite di tutti negli ultimi due anni, ma ha anche stimolato una serie di azioni a livello dell’Unione Europea impensabili fino a dieci anni fa. Infatti, neanche la crisi economica esplosa intorno al 2010 aveva convinto gli Stati membri a adottare misure, quali la sospensione del patto di stabilità, lo stanziamento di cifre ingenti per sostenere le economie dei Paesi maggiormente colpiti e un recupero dell’aspetto sociale dell’Unione Europea.

Tuttavia, come spesso succede, le misure adottate in risposta alle emergenze non coprono le necessità e gli obiettivi complessivi. È vero, infatti, che la Commissione Europea ha lanciato una consultazione pubblica sulla revisione della governance economica dell’unione alla fine del 2021, ma finora i segnali di cambiamento non sono particolarmente incoraggianti per il settore dell’istruzione e della ricerca.

Prova ne è che, allo scopo di implementare la nuova strategia, denominata Area europea dell’istruzione 2021-2030, è stato costituito nella prima metà dello scorso anno un gruppo di esperti internazionali per evidenziare quali sono le politiche che rendono efficienti ed economicamente sostenibili gli investimenti nel settore. Peccato che in questo gruppo non ci sia neanche un pedagogista o esperto di didattica.
Il gruppo, comunque, ha già prodotto una relazione intermedia che è stata presentata all’ultima riunione del Consiglio europeo dei ministri dell’Istruzione a novembre scorso. La relazione, purtroppo, è affetta dai consueti vizi del politichese, afferma valori sacrosanti, ma richiama in continuazione le esigenze di bilancio. Ma qual è secondo questi esperti l’investimento di qualità?

Intanto, la relazione sviluppa la sua analisi intorno a quattro temi ritenuti fondamentali:
docenti e formatori; l’apprendimento digitale; amministrazione, infrastrutture e ambienti di apprendimento; equità ed inclusione.

Già dal primo degli argomenti è chiaro che l’ottica soggiacente è sempre quella neoliberista visto che si suggerisce, ad esempio, di risolvere la carenza di docenti qualificati in alcune discipline con degli incentivi economici per attrarre potenziali candidati, introducendo così la mentalità del libero mercato in un’istituzione che, invece, dovrebbe promuovere l’uguaglianza delle opportunità.

Grande importanza viene data, poi, all’apprendimento digitale, pur ammettendo che può aver contribuito all’aumento degli abbandoni scolastici durante la pandemia. Si dà per scontato che il futuro sia legato all’apprendimento misto, nessuno spazio per la libera scelta del docente in materia.

D’altronde, i PNRR di tutti i Paesi prevedono investimenti nel digitale per l’istruzione, come fanno notare gli esperti, senza però rimarcare che tali investimenti andranno a rimpinguare le casse dei privati che si aggiudicheranno gli appalti per la fornitura dì dispositivi, cablaggio, corsi di formazione e non per ridurre il numero di alunni per classe o aumentare gli organici per permettere attività diverse dalla lezione frontale.

Basti vedere l’utilizzo dei fondi PON provenienti dall’iniziativa REACT-EU: la maggior parte stanziata per la digitalizzazione delle scuole, mentre un gruzzoletto residuale è stato destinato all’attivazione di laboratori per la sostenibilità ambientale. Con buona pace dei principi contenuti nella raccomandazione relativa all’apprendimento per la sostenibilità ambientale che il prossimo Consiglio dei ministri dell’istruzione e università sono chiamati ad approvare nelle riunioni previste oggi e domani.
E chissà che non esca qualche altra brillante idea per efficientare la scuola, visto che tale riunione sarà in parte congiunta con il con il Consiglio dei ministri delle Finanze.

Per la UIL Scuola seguirà i lavori del Consiglio, Rossella Benedetti.

 

 


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