Partire dalla scuola per costruire cittadinanza e diritto all’istruzione
TERZO SETTORE E PATTI TERRITORIALI: OCCASIONE IMPORTANTE DI SOLIDARIETA’ MA ATTENZIONE A NON CONFONDERE MEZZI E FINI
Eliminare le disuguaglianze e costruire pari opportunità è un obiettivo importante che si può realizzare solo con la cultura, laica e libera della scuola e, se concorrono anche progetti assistenziali e complementari, sarà più facile farlo con progetti specifici. Attenzione a non creare dualismi tra ‘Comunità’: quella educante titolare di una funzione professionale e quella territoriale dei patti di comunità. Bisogna partire dal generale, per arrivare al particolare, e non agire in senso contrario.
Procede il dialogo Governo – sindacati: il ministro Brunetta convoca all’Aran i sindacati confederali che hanno sottoscritto con il Governo il Patto di coesione e di rilancio della PA, il ministro Bianche vuole proporre un patto per l’istruzione e la formazione, e la convocazione è fissata per domani pomeriggio.
In un contesto di ripresa di dialogo, che accogliamo positivamente, apprendiamo di un bando che servirebbe a spezzare un circuito vizioso che sta allargando le disuguaglianze del Paese. Un altro patto quello di comunità.
Il ministro ha individuato nel terzo settore la struttura portante del Paese. Non possiamo che concordare che si tratti di una rete di solidarietà e di volontariato che potrebbe servire per quello che il ministro chiama la costruzione di una comunità.
Ne discuteremo nel patto che ci proporrà, ma una cosa ci sembra certa: i patti territoriali hanno natura complementare e marginale rispetto alla comunità educante che è quella del sistema di istruzione costituita dalle professionalità utili al rilancio della scuola costituzionale che si pone come funzione dello Stato, per cui ogni cittadino, attraverso l’obbligo scolastico deve contribuire alla crescita culturale, economica e sociale.
Certamente nella rete del volontariato relativo al terzo settore si possono comprendere spazi di servizio socio-assistenziale, servizi complementari all’attività educativa e di istruzione, ma certamente per il rilancio del settore istruzione seguendo le indicazioni del patto oggi siglato con i sindacati confederali ed il Governo, non vanno confusi con le attività di istituto svolte da professionisti dell’educazione.
Non vorremmo che, dietro la suggestione relativa ai patti territoriali, si creino dualismi tra le ‘Comunità’: quella educante titolare di una funzione professionale e quella più vicina al territorio e ad altri interessi spesso confliggenti tra loro, con il rischio (neanche tanto celato) di andare a drenare le risorse, già scarse, che andrebbero invece prioritariamente concentrate sul settore strategico dell’istruzione, senza lasciarsi affascinare politicamente dalle richiesta di istanze più di natura assistenziale che le famiglie potrebbero preferire, aprendo così una strada alla politica clientelare che è facile che attecchisca più di quando si creda (tanto più vicina al territorio e agli interessi localistici, tanto alto è il pericolo di interferenza e conflitti).
Una sapiente mediazione è sempre possibile, ma non può che partire dalla scuola che rappresenta il nucleo su cui investire per costruire la cittadinanza e diritti all’istruzione. Partire dal settore socio-assistenziale e dalla rete del volontariato potrebbe indurre a considerare la scuola ben altra cosa e un modo surrettizio di spostare capitali pubblici verso il privato sociale. Sarebbe un ulteriore schiaffo al personale e alla funzione che svolge.
Serve ridare all’Istituzione Scuola – quella che Calamandrei definiva «costituzionale e rigenerativa della democrazia» – autorevolezza, dignità.
Quel ruolo troppo spesso, anche inconsapevolmente, negato alla funzione docente attaccata da venti anni di politiche regressive di stampo neoliberista che stanno mortificando il personale tutto che, invece proprio nell’occasione della pandemia ha dimostrato la capacità di resilienza e contribuito alla coesione sociale.
Eliminare le disuguaglianze e costruire pari opportunità è un obiettivo importante che si può realizzare solo con la cultura, laica e libera della scuola
e, se concorrono anche progetti assistenziali e complementari, sarà più facile farlo con progetti specifici.
Certamente però bisogna partire dal generale, per arrivare al particolare, e non agire in senso contrario.
L’esperienza delle varie incursioni politiche (sempre possibili) che hanno visto, nel recente passato, le esternalizzazioni più o meno programmate che stiamo ancora pagando in termini economici e professionali, consiglierebbero di intraprendere strade principali e non quelle apparentemente più facili del consenso politico.
Non abbiamo un pregiudizio sui c.d. patti territoriali specie se si basano sul volontariato che rappresenta il valore fondante della solidarietà.
Ci resta un dubbio legato alle azioni del passato, della politica con la p minuscola, che hanno utilizzato il terzo settore per creare consenso elettorale ed accontentare le clientele territoriali. Uno strumento, magari ben gestito anche eticamente, ma pur sempre senza quei controlli e garanzie incrociate che caratterizzano il sistema pubblico con un forte rischio di deriva clientelare.
Abbiamo visto molti casi nei quali situazioni di crisi mandano in frantumi equilibri instabili: quando lo sfruttamento politico e sociale chiede il conto, interveniamo noi, Il sindacato Croce Rossa, per chiedere la stabilizzazione dei lavoratori e riconoscere i diritti che loro spettano
Così non funziona. Con i soldi elargiti dal pubblico si erigono servizi gestiti da privati (cooperative di tutti i tipi) dove si fanno contratti farsa di poche ore alla settimana, quindi sfruttamento dei lavoratori. Modello Dussman delle scuole. Una ricetta di carattere neoliberista che rigettiamo categoricamente, oggi che ne abbiamo visto le conseguenze. Un modello grigio. Un menù à la carte che vede la scuola cenerentola inconsapevole.
Il tanto declamato ‘rapporto con il territorio’ ha portato a situazioni clientelari e di degrado, e il malessere si tocca con mano.
In questo quadro, sentire che la soluzione principale del rilancio della scuola sono i patti territoriali, fa sorgere qualche dubbio, non fosse altro che nessuno può pensare di sostituire la scuola con il volontariato e farlo tornare all’inizio del secolo tra gli elementi caritatevoli ed assistenziali.
Nessuno nega che si possa trattare, come già si fa, un ampliamento dei servizi socio-assistenziali, ma non si può scambiare per allargamento dell’offerta formativa, che solo la scuola può e deve fare. Si tratta di un elemento culturale che va costruito e farlo, dicendo che i volontari possano surrogare la funzione fondamentale riconosciuta dalla costituzione, equivale e rallentare la costruzione di un’identità culturale che non ammette scorciatoie: ridare alla scuola la sua funzione originaria, quella di rendere libere le persone, attraverso la conoscenza e il piacere di apprendere. Processo che è vana illusione senza un maestro – “magister” – che indica la strada.
Siamo sicuri che il ministro Bianchi saprà considerare nella giusta dimensione la sua esperienza in Emila Romagna, che a nostro parere, non è possibile trasferire tout-court su altri territori caratterizzati da culture ed esperienze diverse.
Troppi patti e troppi interlocutori non sono in condizione di supportare, né garantire un progetto che, invece, come sindacato libero laico ed indipendente, vogliamo fortemente realizzare nell’interesse degli studenti che devono vedere nei loro insegnanti il punto di riferimento per la tradizione non solo digitale e ecologica ma culturale di cui questo paese ha estremamente bisogno.