Quegli attacchi al ministro, alla scuola e al sindacato: segnale che distrugge mentre occorre costruire

Turi: che un ministro si confronti con il sindacato e nell’ambito della norma trovi elementi di gestione positiva, avanzata, democratica e di partecipazione, ci sembra motivo di apprezzamento e non certo di biasimo. Ancora una volta si vuole sottrarre alla scuola il suo ruolo culturale e di coscienza collettiva che serve a questo paese come il pane.

Questo nostro strano e bel paese non riesce mai ad uscire dai suoi incubi e non trova mai la strada della condivisione. Eppure, è molto facile, è scritto tutto nella Costituzione che pacificando il Paese del dopoguerra ne ha descritto gli ambiti e i valori su cui puntare.

Si sono però perdute le tracce di ciò che è stata la nascita della Repubblica: la liberazione e la guerra partigiana e, man mano che vengono a mancare gli uomini e le donne che ne hanno fatto la storia, riappaiono i fantasmi di un autoritarismo che va combattuto tutti i giorni.
Come? Garantendo i diritti dei cittadini e dei lavoratori.

Mentre ci lasciava uno dei grandi uomini del ‘900, Gino Strada, che ha dedicato la vita per i diritti non riconosciuti dei più deboli ed indifesi, sulla scuola si è scatenata l’ennesima polemica con un attacco inqualificabile al ministro – reo, di avere sottoscritto un protocollo con il sindacato.

Un altro attacco privilegiato che trova le stesse radici culturali e politiche, quei valori e principi costituzionali, che ispirano l’azione collettiva dei benpensanti rifomisti dl nostro paese.
Attaccare una prassi, che dovrebbe essere la normalità, equivale a bruciare i libri per fare perdere le tracce della democrazia.

Con il ministro non sono mancate le ragioni di scontro e a lui va, in questo momento, la nostra solidarietà per gli attacchi ingiusti ed ingiustificati. Il merito del protocollo, che ha registrato un approccio costruttivo e funzionale alla ripresa a scuola in presenza e in sicurezza, è altra questione.
Quello che più preoccupa è assistere ad attacchi ideologici che prescindono il merito di una intesa sindacale che ha come finalità il coinvolgimento del personale.
L’esperienza ha dimostrato che senza il coinvolgimento delle persone nulla si realizza solo burocrazia, lotta politica e regresso culturale.

Nel merito il Governo, nella sua responsabilità suffragata da una grande maggioranza, ha adottato un provvedimento che, come UIL Scuola, abbiamo criticato, perché inefficace e solo punitivo per una categoria che non lo merita. Una democrazia non si regge solo con le punizioni e i divieti.
Una norma discutibile che il Parlamento potrà confermare o modificare.

Nel protocollo si è partiti proprio dalla legge, da quella norma che ha come obiettivo la vaccinazione a tappeto, che noi come sindacato non osteggiamo.  Sono le procedure e gli obiettivi che si raggiungono efficacemente con l’assunzione di una responsabilità collettiva che la scorciatoia sanzionatoria, a nostro parere, allontana.

Nel nostro caso la comunità educante, che ha mostrato questa responsabilità, può e deve gestire fasi complesse come questa che stiamo vivendo con la solidarietà piuttosto che con la contrapposizione visto che gli interessi coincidono. La garanzia di scuola in presenza e in sicurezza è avvertita da tutta la comunità che quanto più è vicina alle scelte, tanto più potrà contribuire a risolverle.

Aver affermato un principio di giustizia, di libertà, come quello per cui – se serve un tampone di verifica della sicurezza questo sia a carico del datore di lavoro e non del singolo lavoratore – ha scatenato un putiferio di polemiche delle quali, un paese come il nostro, che ha superato prove gravi ed impegnative come quella del terrorismo senza leggi speciali, si dovrebbe vergognare.

Il riconoscimento di un diritto, anche di minoranza, aggiungiamo specie di minoranza va garantito a prescindere da quanto costi.
Nel nostro caso ci sono risorse già stanziate e finalizzate alla sicurezza e non si capisce perché non possano essere usate per pagare i tamponi che servono per mettere in sicurezza la Comunità. Circostanza, peraltro prevista dal decreto stesso.

Tutti benpensanti, che misurano i diritti sulla base di parametri economici, sempre pronti a sacrificare i diritti dei lavoratori e dei cittadini, quelli garantiti dalla costituzione per interessi corporativi o politici.
Che un ministro si confronti con il sindacato e nell’ambito della norma trovi elementi di gestione positiva, avanzata, democratica e di partecipazione, ci sembra motivo di apprezzamento e non certo di biasimo.

Ancora una volta si vuole sottrarre alla scuola il suo ruolo culturale e di coscienza collettiva che serve a questo paese come il pane. Noi non ci faremo intimorire e speriamo che ciò valga anche per la comunità politica e di governo progressista che guarda alla tutela e al riconoscimento dei diritti e non alla loro limitazione come Gino Strada, ci ha insegnato.


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