SCUOLA / E’ il momento di decidere.
Scuole in zona rossa: si cambia idea e si apre
Maria Stella Gelmini, ministra per gli Affari Regionali, afferma che il governo ha usato il poco di agibilità che la scuola è riuscita a ritagliarsi (Ndr) per consentire che almeno il settore primario resti aperto anche in presenza di zone rosse, quindi ad alto rischio.
Ancora una volta si chiede un sacrificio ai docenti che non sono stati ancora vaccinati (solo il 46% lo è).
La riflessione che si apre è duplice: si sta chiedendo agli insegnanti di svolgere la loro funzione a scuola perché si è finalmente riconosciuto che la scuola è in presenza. Un principio che va riaffermato – salvaguardando la salute e la professionalità dei nostri insegnanti.
La scuola non è solo il luogo fisico dove portare gli studenti, per permettere alle famiglie la libertà di poter lavorare, ma è istituzione che serve alla crescita culturale delle giovani generazioni.
Diritto costituzionale che solo la scuola di questo Paese è in grado di assumersi.
Scuola digitale: gli argini all’apprendimento
Con la digitalizzazione si aprono nuove sfide per la scuola e per le giovani generazioni.
Serve una camera di compensazione, o di decondizionamento, dai nuovi sistemi che sono molto utili ma fortemente lesivi rispetto al consolidamento di un apprendimento critico, fortemente umano.
Big data, pacchetti preconfezionati di notizie, sistematicità delle risposte ai social media stanno stabilizzando un sistema nel quale non è più necessario memorizzare e dove la gestione dei dati è affidata all’intelligenza artificiale. Una lenta sostituzione all’apprendimento libero e critico.
E ciò che emerge dallo studio di Richard Flynn, che mostra come dal 1990 al 2009, il quoziente intellettivo (QI) ha cominciato inesorabilmente a calare.
[https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/28/perche-si-parla-poco-del-costante-calo-del-quoziente-intellettivo-della-popolazione/6142602/]
Le scelte della politica e la scuola
Tornare alla scuola in presenza, con i docenti al loro posto è l’obiettivo che il governo deve perseguire.
Per farlo serve un provvedimento di emergenza. E’ un obiettivo che non si può pensare di cogliere con i percorsi ordinari. La ragione è chiara: ancora oggi, in piena emergenza, diventata condizione da risolvere, sentiamo dire che bisogna dare corso al percorso dei concorsi che il vecchio governo aveva attivato, con i risultati che conosciamo e che sono davanti agli occhi di tutti. Un fallimento!
Il sistema dei concorsi, così come strutturato, è anacronistico al punto che, addirittura, anche nel pubblico impego, il ministro Brunetta sta proponendo sistemi nuovi.
La ripartenza della scuola ha tempi contingentati e stringenti, vogliamo davvero affidarla ad uno strumento che più che selezionare il merito, serve a gestire il consenso?
C’è un’altra ragione per cui non è utile continuare a portare avanti il modello dei concorsi: dopo anni, non c’è certezza, finiscono tutti nelle aule di tribunale.
Siamo ancora aspettando che si diano risposte al concorso dei dirigenti scolastici, in un contenzioso, che va avanti dal 2017. Ci sembra arrivato il momento per aprire archivi e finestre e fare del reclutamento un percorso trasparente e garantista per i candidati.
Ora la precedenza ce l’hanno gli studenti che si vorrebbero mettere al centro, ma solo a chiacchiere, sacrificati al solito balletto che impedisce loro la legittima continuità didattica.
Se davvero si vuole scegliere la scuola in presenza, il Governo faccia presto e ci convochi per fare in modo che la scuola abbia le condizioni per essere tale anche il prossimo anno.