Sostegno: incongruenze nella ripartizione dei posti e troppo peso alle Università

Ad una prima analisi della ripartizione dei posti tra le diverse regioni per la specializzazione sul sostegno evidenziamo incongruenze e discrasie, poco spiegabili ai più, se non facendo riferimento ad equilibri ed utilità delle università, sparse nel territorio nazionale, che grazie ai costi lasciati alla totale autonomia possono avvantaggiarsene.

I 370 posti del Molise corrispondono a poco più della metà dell’organico di sostegno presente nella regione. Se si fosse applicata  la stessa proporzione, ad esempio, in Lombardia, se ne sarebbero dovuti avviare 8.500 a fronte dei 1.130 reali, e 4.400 in Veneto,rispetto agli 850 reali.
I fattori che incidono sulle scelte sono molteplici: il numero dei bambini in situazione di disabilità, il  rapporto medio alunni classi, quello tra studenti diversamente abili rispetto alla popolazione scolastica ed altro ancora. Le modalità con cui sono  effettuate lasciano molti dubbi; il primo che sorge è che forse si stanno già ponendo le condizioni per una  migrazione dal sud al nord di nuovi precari?

Alle organizzazioni sindacali come la UIL sarebbe piaciuto avere una informazione preventiva sulle decisioni da prendere, saremmo stati sicuramente in grado di fornire un utile contributo.
L’istituto del confronto, quale nuova conquista del contratto istruzione e ricerca 2018  avrebbe consentito di analizzare la situazione  ed  affrontare con lungimiranza ed equilibrio le reali esigenze.

Certamente è utile avviare un  processo che dia risposta all’annosa difficoltà di reperire insegnanti di sostegno qualificati ma  i 14 mila posti autorizzati non sono certo sufficienti, corrispondono al 10% dell’organico.  E non lo saranno i promessi 40 mila nel triennio, a fronte di un organico di sostegno in  continua espansione.

La UIL resta convinta che la formazione specifica non  debba essere demandata esclusivamente alle università, il loro lavoro va affiancato dalle scuole in cui operano insegnanti altamente qualificati e competenti, anche per trasferire le  proprie abilità ai giovani (e meno giovani) che scelgono di svolgere la delicata professione di insegnante e di sostegno.

La UIL  esprime contrarietà al mancato riconoscimento  del  servizio svolto sul sostegno senza titolo per gli aspiranti.  Infine,  sarebbe opportuno agire diversamente, se non si ha la voglia o la capacità di mettere in relazione l’offerta delle Università e la domanda di partecipazione.

Per evitare tale situazione, suggeriamo di fare una prova d’accesso nazionale e sulla base della relativa graduatoria mettere gli aspiranti nelle condizioni di scegliere l’università dove svolgere l’attività di formazione.

Con il sistema frantumato delle autonomie che non si parlano e non si coordinano, accade che gli aspiranti siano costretti a fare scelte casuali e non consapevoli, con l’aggravante che coloro che risultassero più ‘meritevoli’ in senso assoluto siano penalizzati da graduatorie che valutano solo l’aspetto relativo.
E’ la riprova che l’autonomia differenziata per il sistema di istruzione non può funzionare e crea barriere e disuguaglianze, altro che merito e competenza.


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