INSEGNANTI DI SOSTEGNO / Si promettono investimenti ma si pensa di ridurre gli organici con la formazione obbligatoria di tutti gli altri insegnanti

Turi: modello italiano di inclusione ammirato in Europa. Attenzione a non fare danni irreparabili.
Dai vertici ministeriali risposte fumose e tecnocratiche. Legge di Bilancio e relazione tecnica progettano tagli: 5 mila posti l’anno.

Abbiamo visto la Legge di Bilancio e letto la relazione tecnica che l’accompagna, pertanto esprimiamo scientemente il nostro giudizio negativo, avvalorato anche dall’incontro al ministero nel quale ci è stato illustrato il nuovo sistema: così Pino Turi sulla polemica sui posti di sostegno innescata dai vertici ministeriali mentre in corso c’è la partita di Governo.

Il decreto sul sostegno, scritto in attuazione di una delle deleghe della Legge 107, porterà tagli di organico nei prossimi anni – spiega il segretario generale Uil Scuola. Non è un pregiudizio ma una attenta lettura delle norme.

Dietro un lessico forbito e volutamente tecnocratico – osserva Turi – si comprende che si va verso la riduzione dei posti di sostegno, in particolare per quelli in deroga. Quando si legge che «è rotto il sinallagma tra gravità/rapporto 1.1» e che «si definisce un debito funzionale», che si pensa di fare cadere su tutti gli altri docenti della classe, attraverso una formazione obbligatoria, si capisce che il cerchio è chiuso.

Non ci saranno tagli, dunque? Vogliamo credere nelle rassicurazioni del dott. Max Bruschi, che si dice convinto – proprio come noi, osserva Turi – dello straordinario valore del sistema di integrazione italiano, che è il fiore all’occhiello del sistema scolastico italiano.

Negli scorsi anni – ricorda Turi – abbiamo accolto delegazioni europee venute in Italia per comprendere e studiare il meccanismo di integrazione italiano.
Cambiare un sistema che funziona non è saggio – sottolinea Turi. I vantaggi di metodo e di competenze attese, che si vorrebbero introdurre, rischiano di riportarci indietro nel tempo.  Gli altri sistemi scolastici europei, che vorrebbero imparare da noi, non tagliano ma investono molto più di noi in istruzione in termini di percentuale sul PIL, lo dimostrano. Meglio non strafare ed evitare avventure tecnocratiche – rilancia Turi.

Molte volte l’ansia di innovazione porta – come nel caso del maestro unico – a peggiorare la situazione sulla base di una narrazione che nasconde, invece l’idea di ridurre gli organici. E magari fare qualche risparmio.

Quando Il Capo Dipartimento Bruschi indica nei 10 milioni di euro, programmati in più anni, lo strumento per formare gli insegnanti curriculari sulle specificità del sostegno, sta esplicitamente ammettendo – mette in chiaro Turi – che il deficit di supporto strutturale che andrebbe  a detrimento dell’offerta formativa (si teorizza anche la possibilità di esonero  per alcune materie),  degli alunni con specifici bisogni, andrebbe ad essere compensato dagli insegnanti curriculari, su cui ricadrebbe la carenza (il debito funzionale). Non vi è sufficiente garanzia di inclusione, quindi si impiegano i docenti curricolari.

Rotto il rapporto 1/1 (la rottura sinallagmatica) implicitamente si riconosce la riduzione dell’organico di sostegno, almeno 5 mila posti l’anno, secondo la relazione tecnica.

Ciò che la mano destra concede in termini di aumento di organico di diritto di sostegno per il prossimo anno scolastico, la mano sinistra lo riprende con gli interessi. Ci piacerebbe tanto – aggiunge Turi – essere smentiti nei fatti. Sarebbe un risultato a vantaggio di tutta la scuola italiana.
Per questo continuiamo a rivendicare tavoli in cui ci sia un confronto di merito, sempre evitato da questo ministero.


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