Contratto con modalità a distanza: troppe domande lasciate senza risposta
Il ministero vuole correre ma in mezzo c’è il lavoro, e la qualità della vita, di migliaia di persone. Una gestione dell’emergenza che non ci convince perché le scelte contrattuali restano, i governi passano.
L’abitazione è un luogo di lavoro? La sicurezza come viene configurata? E la privacy? Un’ora di lezione in presenza equivale ad un’ora on line? La DAD è diversa dalla DID?
L’esposizione al video di docenti ed alunni come va regolamentata? Come si garantisce la vigilanza ? E gli infortuni sul lavoro?
Sono solo alcune delle domande lasciate aperte dal contratto sulla didattica a distanza predisposto dal ministero.
Siamo in una situazione in corsa, ma questo non significa che non dobbiamo pensare in quali condizioni stanno lavorando gli insegnanti, altro che stress da lavoro correlato – osserva Pino Turi, segretario generale della Uil Scuola, tra le sigle che ieri hanno deciso non sottoscrivere il contratto integrativo sulla didattica integrata digitale.
Nelle scuole si lavora con preoccupazione e la confusione normativa non aiuta – aggiunge Turi.
Il lavoro agile è su base volontaria, ma nella scuola non si applica.
La dad, didattica digitale a distanza, è didattica di emergenza.
La did, didattica integrata digitale, è didattica oltre l’emergenza.
E’ prevista da un atto amministrativo, le linee guida delle scuole superiori e presuppone che le scuole siano aperte, serve ad integrare la didattica in presenza.
Altrimenti si passa alla didattica a distanza che è altro.
Bisogna partire da questo – precisa Turi – per comprendere quanto il contratto scritto dal ministero, con la nuova ondata della pandemia, sia stato gestito frettolosamente e in modo inadeguato.
Ci sarebbe bisogno del supporto di pedagogisti, psicologi, legislatori, giuristi, per inquadrare in un contratto in un mondo che sta cambiando, aumentando la sua già alta complessità.
Le relazioni stanno cambiando, così i luoghi di lavoro, la professionalità docente si sta trasformando.
Quello che dobbiamo mettere in sicurezza sono le condizioni personali e ciò che dobbiamo far funzionare sono le dimensioni strumentali, insieme. Con saggezza, sulla base dei dati e delle condizioni oggettive. Per noi la vera scuola è in presenza, ma anche in sicurezza sanitaria e professionale.
Siamo di fronte ad un contratto scritto male e difficile da applicare al punto che è arrivata una nota per migliorarlo ed interpretarlo.
Una circolare – si chiede Turi – può spiegare un contratto? Un accordo politico non dovrebbe essere il presupposto, e non il corollario, di un contratto?
La gestione dell’emergenza non ci impedisce di vedere e ritrovare il senso di fare scuola con un contratto frettoloso che incide pesantemente sui diritti ed obblighi del personale: non condividiamo, una gestione dell’emergenza gestiti con la testa orientata al passato. Non è tempo di tavoli, ma di decisioni e di coraggio che vanno contestualizzati al momento che stiamo vivendo.
Le scelte contrattuali restano, i governi passano, come i tavoli che annunciano.
In un momento così complesso i riferimenti contrattuali sono la bussola di scelte da fare con ponderazione. Noi ci metteremo in posizione di ascolto dei lavoratori, per rappresentarli al meglio.