Turi: Bianchi ci prova ma non convince
PRESENTATE OGGI ALLE CAMERE LE LINEE PROGRAMMATICHE DEL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE
I documenti che hanno accompagnato la relazione del ministro al Parlamento meritano un attento approfondimento – così il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi.
Il sistema scolastico viene definito a giusta ragione, «motore di sviluppo» del paese ma pone gli aspetti educativi e di partecipazione in tono minore, sacrificati sull’altare del PIL. Un documento aperto, anche troppo, alla ricerca di un consenso esogeno, piuttosto che endogeno alla comunità educante
Le linee ricalcano – e non poteva essere diversamente – la filosofia che sottende il PNRR e il più recente del piano dell’estate, tutta orientata allo sviluppo in termini economici del sistema scolastico.
Sarebbe utile tenere distinta la funzione nazionale del sistema di istruzione e quella delle tante azioni che rispondono alla domanda di servizio e al mercato.
Una fase costituente – questa ci si aspettava, sottolinea Turi – ma nel testo presentato oggi non si vede il personale che lavora a scuola. Se ne vedono i limiti, si legge il loro ruolo in modo marginale, si perde il senso del lavoro e dei lavoratori.
Se della scuola vogliamo parlare – aggiunge Turi – non è partendo dai competitors o dagli stakeolders che ne troviamo la funzione. Bisogna evitare una confusione di ruoli tra insegnamento ed altro.
Il volontariato serve – ribadisce il segretario Uil Scuola – è una risorse nella misura in cui collabora ma non si sostituisce ai professionisti.
Si pensa all’autonomia – riflette Turi – ma non si considerano gli organi collegiali, affiancati e marginalizzati dagli interventi di supporto e da un sistema, ci sembra almeno, gerarchizzato e eterodiretto dall’amministrazione.
Registriamo lo stesso approccio: così come nel PNRR, anche questo documento indica gli obiettivi, ma vanno trovate le soluzioni.
Per questo serve il patto per la scuola con il sindacato – conclude Turi. Serve un coinvolgimento ampio, a partire da chi nella scuola lavora. Senza questo passaggio non formale, ma sostanziale, assisteremo all’ennesimo tentativo di riformare un sistema che trova il suo centro nella costituzione e non nel mainstream di chi pensa – ancora – a puntare sulle cose piuttosto che sulle persone.