Concorso ordinario, test ed esami in tilt
Di Pino Turi
Il concorso ordinario verrà ricordato negli anni per l’incredibile mole di errori nella formulazione dei test a risposta chiusa. Non passa giorno infatti senza che il Direttore del personale del Mi scriva ai Dirigenti Regionali e al Capo Dipartimento notificando le rettifiche dei punteggi e delle graduatorie.
Agli errori e ai quesiti fuorvianti, fanno seguito segnalazioni di ogni tipo. Tra questi ovviamente quelle dei candidati, evidentemente in grado di capire che i test erano errati. Inizialmente, alcuni di loro, avevano pensato, a torto, che fossero stati fatti apposta, un trabocchetto insomma, per saggiare il loro grado di preparazione. E poi, stampa, intellettuali, docenti. E’ stato eclatante, in questo senso, l’intervento del prof. Howard Gardner, eminente scienziato, che ha ritenuto stravolta la sua teoria relativa alle intelligenze multiple, così come formulate nei quiz. A segnalare l’errore, guarda caso, gli stessi candidati.
Finita qui? Neanche per sogno. C’è da ricordare il caso della raccolta firme, alla quale la UIL Scuola ha aderito, lanciata dal prof. Massimo Arcangeli. La petizione è comparsa su Change.org dopo che il ministero dell’istruzione ha usato la schwa (ə) in una procedura concorsuale universitaria. Arcangeli ha chiesto ciò che in un paese normale dovrebbe fare un ministro, riconoscere gli errori, intervenire e rimediare agli stessi e, in particolare, chiedere scusa alla scuola e ai suoi lavoratori, passati sui media nazionali come incompetenti.
Cosa resta dunque del concorso ordinario? Che questo strumento non fosse utile al reclutamento del personale docente era chiaro a tutti, anche se sempre nascosto nella mistica della meritocrazia ed utilizzato in modo ideologico che, comunque in questo paese funziona sempre.
Il tutto è confermato poi dalla stretta attualità. Ieri, ospitato dal Corriere della Sera, un docente di ruolo di latino e greco, si è fatto prendere dal solito luogo comune, quello della sanatoria di docenti, presunti sfaccendati alla ricerca di tre mesi di ferie e di uno stipendio, attraverso un concorso riservato che si basa solo su una prova orale e non scritta.
Forse sarebbe il caso che il ministro riconoscesse una volta per sempre che i docenti di questo Paese meritano rispetto e magari chiedere a loro di formulare la batteria dei test, invece di rivolgersi a presunte capacità di Enti e Associazioni private.
Reclutare i docenti è un’operazione delicata e quando viene effettuata con un quiz che ci riporta alla memoria Mike Bongiorno di cui ricordiamo il famoso Notaio che era il garante del concorso, ci rendiamo conto di come queste persone a cui affidiamo i nostri ragazzi da decenni, siano messi alla berlina e come possano essere colpiti nel loro intimo professionale. Ridiamogli almeno un Notaio!
In questi anni i nostri insegnanti hanno dimostrato tutto il dimostrabile: capacità, pazienza e senso dello stato, il tutto con contratti precari reiterati e ultradecennali. Ora con il sistema di reclutamento e formazione, appena approvato con il D.L 36, si vorrebbe rottamarli, piuttosto che stabilizzarli. Ciò che invece andrebbe rottamato in questo paese dovrebbe essere l’ipocrisia e le politiche sulla scuola che invece di dare risposte nel merito trovano sempre il modo di criminalizzare il mondo del lavoro e dei lavoratori.
Noi, magari soli, continuiamo a rivendicare che a fronte di un danno debba corrispondere un ristoro che per le persone si chiama sanatoria. Il precariato è un danno sociale, oltre che professionale ed individuale.